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1996 - Alluvione in Versilia

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19 giugno 1996 alle 6 del mattino, sul crinale tra l'Alta Versilia e la Garfagnana sulle montagne del Corchia e della Pania, del Forato e del Procinto, e nelle strette gole che vi si insinuano, il cielo cominciò a tuonare mentre l'acqua venne giù a scrosci sempre più fitti, si trattò di un acquazzone dovuto all'impatto di aria calda venuta dal mare con quella, assai più fredda, che sovrastava le cime delle Apuane, il classico temporale estivo, sfuggito alle previsioni, tanto ridotto era il perimetro su cui insistette: le cime e le ripide pendici delle montagne, sul versante garfagnino, sopra a Fornovolasco, e su quello della valle senza nome che finisce a Cardoso, nei comuni di Stazzema e di Serravezza. Un perimetro di due chilometri per dieci, a esagerare, è piovuto per dodici ore di seguito, alle ore 13.50 l'alluvione raggiunse la massima intensità, alla fine si calcolò che erano piovuti 482 millilitri, mezza tonnellata d'acqua per ogni metro quadro.

Su Cardoso, portati dalle acque, piombarono 2.200.000 metri cubi di detriti. Fango, pietre e grandi massi, interi castagneti, a ondate successive. L'acqua piovana aveva gonfiato a dismisura i rivi che scendono dalle montagne fino a diventare cascate il cui urto aveva sbranato le pendici dei monti, dalla Pania al Forato, precipitandole dabbasso, nella ridotta conca dove confluiscono i torrenti Capriola, Farneto e Vezza, tra le case di Cardoso. Disintegrato il paese, la valanga d'acqua e di fango era straripata lungo tutta la valle, fino a Serravezza e poi nella piana versiliese e fino al mare. La valanga aveva viaggiato alla velocità di dieci metri al secondo: così aveva travolto tutto ciò che si trovava sopra l'alveo del Vezza, i ponti e le fiancate della strada, le massicciate, le case fino a tre piani, lo storico Albergo Milani al Ponte Stazzemese, i magazzini e le segherie, per inondare poi la pianura fino a sfondare la via Aurelia e scardinare il terrapieno della ferrovia Pisa-Genova. Fino alle passeggiate lungomare e aveva portato con sé la gente.

Nel tardo pomeriggio del 19 giugno si cominciò a scavare con tutti i mezzi. A Fornovolasco, a Cardoso e lungo tutta la stretta valle coperta da dieci metri di fango, di pietre e di alberi. Ma di ciò che era stato colpito dalle valanghe prodotte dal diluvio non si trovò niente, nessun corpo, nessun oggetto caro, nessun mobile. Scavando e dragando, ancora la mattina del giorno dopo mancavano all'appello quindici persone e decine e decine di edifici, dei seicento colpiti. La ricerca dei corpi e delle cose durò molto tempo, quanto ce ne volle perché il mare cominciasse a restituirli.

Alla fine il tragico bilancio dell'alluvione fu di 13 morti e un disperso, paesi distrutti e isolati, oltre 3.500 famiglie coinvolte, danneggiate circa 4.000 abitazioni e centinaia di imprese industriali, artigianali, agricole e commerciali, distrutte decine di chilometri di strade comunali, provinciali e della statale Aurelia e interrotta la linea ferroviaria Genova-Roma, nel tratto tra Massa e Pisa.


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