Comando Provinciale Vigili del FuocoComando Provinciale Vigili del Fuoco Trieste


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Foto di gruppo 87° Corpo VVF Trieste,anno 1941 caserma di Largo Niccolini

Tratto da una ricerca eseguita dal geom. Giordano Sgorbissa (ex "Ufficiale" del Comando e memoria storica dello stesso)

TRIESTE ED IL FUOCO


I primi provvedimenti contro le cause degli incendi risalgono al medioevo, periodo in cui era vietato all'interno della cittadella l'esercizio di mestieri a rischio (fabbri, ceramisti,  armaioli).

Un'ordinanza antincendi per la città di Trieste ed il suo porto franco venne emanata nel novembre del 1754 dall'Imperatrice Maria Teresa. Tradotta in italiano e firmata dall'intendente de Hamilton, entrò in vigore il 1° dicembre dello stesso anno.

Tale specifica normativa, falsariga per tutte le successive, fissava i criteri costruttivi per gli stabili, per i laboratori, per i magazzini di deposito e le rivendite di materiali infiammabili o facilmente combustibili. Non mancavano disposizioni per l'allertamento ed il coinvolgimento dei cittadini nelle operazioni di spegnimento. Trieste contava allora 10.000 abitanti. Ulteriori normative per regolamentare le caratteristiche antincendio delle nuove costruzioni erano contenute nell'ordinanza generale emessa nel 1782 dall'imperatore Giuseppe II.
Una reale preoccupazione per l'effetto degli incendi che frequentemente accadevano e la tradizionale precisione asburgica nel regolare la vita dei cittadini dell'impero fecero produrre numerosi regolamenti e decreti per tenere lontano il temuto flagello.

Un regolamento del 1793 conteneva dettagliati consigli per la predisposizione di misure di difesa degli stabili contro gli incendi provocati da bombardamenti navali; un regolamento a firma del governatore Pompeo de Brigido, pubblicato il 3 marzo 1801, integrazione, ad uso degli architetti, dell¿ordinanza del 1754; una ulteriore revisione ed integrazione, pubblicata con un regolamento generale nel 1801. La città contava ora circa 32.000 abitanti.
Con decreto del 5 marzo 1817 venne istituito il primo corpo di pompieri: era una organizzazione non professionale, con addetti racimolati nei casi di necessità, ed utilizzati più per demolire le parti di fabbricato che potevano consentire la propagazione dell'incendio che per spegnere le fiamme che lo stavano aggredendo. Le modeste attrezzature erano custodite in depositi dislocati nei borghi cittadini.
Un'aggiornamento del Regolamento antincendi per la città di Trieste, emanato nel 1826 dal consigliere Governo Ignazio de Capuano stabiliva le incombenze affidate a due commissioni appositamente istituite, la Superiore e la Subalterna, quest'ultima responsabile dell'ammaestramento di definite categorie di cittadini, reclutabili in caso di incendio, all'uso delle attrezzature antincendio, alla loro custodia manutenzione.
Ai militari, tenuti a collaborare alle operazioni di spegnimento, venivano affidati i beni sottratti alle fiamme.
Gli avvisi di allertamento venivano dati con il cannone dal castello di S. Giusto: il numero degli spari indicava la zona interessata dall'incendio.
Con atto datato 17 febbraio 1838 veniva emanato un "regolamento in oggetti di fuoco per pa città e sobborghi di Trieste". tale "regolamento", ben articolato e chiaro, spaziava dalle modalità costruttive degli edifici alle disposizioni per le attività commerciali pericolose, alla costituzione di un corpo di pompieri professionali.
venivano contingentati i depositi e le rivendite di materiali pericolosi (polvere da sparo, zolfo,fiammiferi,paglia e fieno9; veniva stabilita la periodicità della pulizia dei camini per ciascuna attività; veniva indicato un corpo ausiliario, che doveva concorrere alle operazioni di spegnimento degli incendi, formato da determinate categorie di cittadini quali spazzacamini, facchini, bottai, carrettieri (per il trasporto dell'acqua), marinai e financo chirurghi, barbieri e farmacisti! Anche la truppa doveva fornire il proprio contributo.
Nel citato documento erano anche indicati i metodi di segnalazione degli incendi, i compensi per gli avvisatori e per i più operosi tra gli intervenuti, nonchè le pene 8anche corporali!) previste per i trasgressori.
In ottemperanza a tale regolamento, Trieste, dal 24 agosto 1838 ebbe il suo grande Corpo di pompieri, composto da 110 uomini che "debitamente ammaestrati saranno esclusivamente incaricati di mpiegare e maneggiare tutti gli attrezzi occorrenti per l'estinzione degli incendi". La regia e la gestione di questo Corpo vengono assunte da due società di assicurazioni L'Azienda Assicuratrice e le Assicurazioni Generali austro-italiche. Per la "conveniente custodia delle macchine idrauliche e di tutti gli occorrenti utensili" vengono utilizzati quattro depositi opportunamente dislocati in città. Viene descritta l'uniforme che "non potrà essere portata che in giorno di festa e negli altri soltanto durante il servizio di parata" (come annota lo storico triestino Kandler "Esso Corpo non dipende dal magistrato sibbemne dalla Commissione speciale; nelle pubbliche solennità e comparse, è guardia di onore del Comune").
E' evidente l'importanza esteriore, non praticata, data alla divisa. A spegnere gli incendi bisognava andarci in abiti borghesi, avendo come segno distintivo una "tracolla di pelle nera con una placca d'ottone portante il numero di rango".
Il 28 luglio 1842 il Comune di Trieste e le "Camere di Sicurtà" convengono per la creazione di una commissione indipendente in materia di incendi.
Un nuovo regolamento, emanato dal magistrato civico podestà Muzio Giuseppe Tommasini, "di concerto congli esistenti stabilimenti di sicurtà" (alle iniziali Assicurazione Generali austro-italiche ed Azienda Assicuratrice si erano associate, nel 1839, la Riunione Adriatica di Sicurtà e, nel 1844, la Compagnia di Assicurazione di Milano), viene pubblicato il 23 ottobre 1854, esattamente un secolo dopo l'ordinanza teresiana.

 

Foto di gruppo Civici Pompieri Trieste,anno 1938


I pompieri vengono municipalizzati e tali rimarranno fino al 1936; la cassa civica concorre alle spese di mantenimento dell'organizzazione.
Nel 1868 viene installato il telegrafo per il collegamento dei singoli appostamenti. Nel 1882, oltre all'appostamento principale, nella sede occupata sino al 1995, esistevano in città altri sei appostamenti secondari. Durante la prima guerra mondiale il Corpo è formato quasi esclusivamente da volontari in servizio continuativo, reclutati anche tra i ragazzi non ancora diciassettenni, assistiti, quali orfani, nella vicina "Pia casa dei poveri" in quanto la quasi totalità del personale permanente era stato richiamato alle armi o internato.
Alla fine del conflitto, con lo sviluppo della motorizzazione, vengono soppressi gli appostamenti secondari (gli ultimi carri antincendi a cavalli resisteranno sino al 1923)
Con il R.D.L.10 ottobre 1935 n°2472, convertito nella legge 10 aprile 1936 n°833 viene istituito il Corpo pompieri, distinto in Corpi provinciali, con un ispettorato centrale, con funzioni  tecniche di indirizzo e di coordinamento. Come noto, con legge 27 febbraio 1939 n°33, il Corpo pompieri assume la denominazione di Corpo Nazionale Vigili del Fuoco ed il Comando di Trieste diventa l'87° Corpo alle dipendenze della Direzione generale dei servizi antincendi del ministero dell'Interno.
Nel 1940 i Vigili del Fuoco triestini, dagli iniziali 100 uomini, per le ragioni connesse alle esigenze belliche, raggiungono un organico di 500 unità. Vengono istituiti otto  distaccamenti cittadini e sei extraurbani a Monfalcone, Grado e Ronchi (oggi tutti in provincia di Gorizia), a Postumia (oggi in Slovenia) ed a San Pietro del Carso.
Nel 1942 i vigili del fuoco di Trieste vengono inviati in missione a Lubiana, a Longatico e Novo Mesto, nonché a Traù, Cattaro, Spalato e, dal 1943, anche a Capodistria, isola, Pirano e Umago.
Dopo il 25 luglio 1943 il Corpo viene militarizzato (al bavero le stellette sostituiscono le fiammette) ed a seguito delle vicissitudini conseguenti all' 8 settembre, il Corpo di Trieste, pur dipendendo dal Ministero dell'Interno sezione nord (Ponte di Legno), è sotto stretto controllo dell'autorità germanica.
Nel maggio del 1945, dopo un breve periodo di amministrazione da parte del Comando città di Trieste dell'esercito jugoslavo, il Corpo, con i suoi 204 effettivi, viene incorporato, pur con compiti esclusivamente antincendi, nelle forze di polizia della Venezia Giulia, di fatto alle dirette dipendenze di un sovrintendente inglese del governo militare alleato. Solo nel 1952 il Corpo, pur rimanendo vincolato al "superiore controllo angloamericano", avrà un comandante inviato, in missione, dal Ministero dell'Interno italiano.
Nel 1954, il 5 ed il 26 ottobre, viene concesso ai vigili del fuoco triestini di issare le bandiere d'Italia e di Trieste (alabarda bianca in campo rosso) sugli alti pili della Piazza Unità, operazione che non veniva più effettuata dall' 8 settembre del 1943. Ancora oggi le operazioni di alza ed ammaina bandiera, effettuate nelle solennità civili e militari e, nel periodo estivo, tutte le domeniche, da picchetti delle forze armate, vengono predisposte e concluse dai vigili del locale Comando provinciale.
Dal 1954, con la seconda redenzione, anche il Corpo di Trieste entra a far parte del Corpo nazionale e da allora segue le sorti di tutti gli altri comandi della Repubblica.


FOTO fiamma con numero identificativo del Comando VV.F. di Trieste

IL PASSATO RECENTE


Malgrado i citati Regolamenti e le severe misure di prevenzione adottati, la città è stata interessata da incendi talvolta disastrosi. Memorabili quelli che distrussero il Teatro Mauroner (Fenice) e lo stabilimento per la pilatura del riso in Campo Marzio, sul finire dell'800. Negli anni intorno al 1930 si verificarono grossi roghi allo scalo legnami, ricorrenti, nei magazzini portuali, alle raffinerie Aquila, Esso ed IRCO. Tragici e tristi gli interventi a seguito dei bombardamenti aerei del 1943 e quelli derivati da moti di piazza, come l'incendio della sede del quotidiano Il Piccolo, della Ginnastica Triestina e dell'albergo Balkan.
Per le vaste proporzioni e per la durata (sono intervenute squadre anche dai comandi del Veneto e della Lombardia) viene ricordato l'incendio che, nel 1972, a seguito di attentato, ha interessato quattro serbatoi da 80.000 mc. nel deposito petrolifero della SIOT, la società per l'oleodotto transalpino con il quale viene pompato sino in Baviera il greggio sbarcato a Trieste.
Apprezzati per coraggio, abnegazione e determinazione, i vigili triestini si sono sempre prodigati non solo negli interventi sul loro territorio, ma ovunque siano stati richiesti. Sono accorsi per le calamità naturali sia in Italia (alluvioni del Polesine, Piemonte, Firenze, Sarno; terremoti del Belice, Friuli, Irpinia, Molise,Umbria e Marche e Emilia Romagna; disastri del Vaiont e di Val di Stava;emergenza Etna) che all'estero (alluvione a Delach, missione in Albania). A seguito dei tuttora vigenti trattati di Udine e di Osimo, il Comando di Trieste ha effettuato interventi nella città e nel porto di Capodistria ed in uno stabilimento a Villa del Nevoso, in zone appartenute alla "zona B" del territorio libero di Trieste ed ora facenti parte degli Stati indipendenti di Slovenia e Croazia.
I ricordi del passato fanno, inevitabilmente, rivolgere un pensiero commosso e grato a quei vigili per i quali prematuramente è suonato l'ultimo allarme ed i cui nomi sono incisi su una targa marmorea nel cortile della nuova sede di servizio.