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CORSO DI FORMAZIONE SULLA PREVENZIONE INCENDI

 

APPLICAZIONE DELLA CIRCOLARE M.I. N° 14031/29101 DEL 19/DICEMBRE 2000

CORSO BASE - MODULI I E II

 

PROGRAMMA DEL CORSO

 

 

RICHIAMI DI CHIMICA E FISICA DELL'INCENDIO

 

ATOMI E MOLECOLE

Tutta la materia è costituita da una combinazione di elementi  detti atomi. L'atomo può essere schematicamente descritto come costituito da un nucleo centrale intorno al quale ruotano, su traiettorie dette orbitali atomici, gli elettroni.

Il nucleo è formato da protoni e neutroni, che insieme determinano la massa dell'atomo (peso atomico o numero di massa). I protoni inoltre determinano la carica del nucleo. Gli elettroni, invece, hanno massa trascurabile e carica pari a quella dei protoni, ma di segno opposto.

La differenza fra il numero di protoni e quello degli elettroni determina la carica dell'atomo che può essere nulla oppure positiva o negativa (ioni positivi e negativi).

L'atomo è indicato da un simbolo (es: H = idrogeno, C = carbonio).

 

 

 

REAZIONE CHIMICA DI COMBUSTIONE

Si dice combustione qualunque reazione chimica nella quale un combustibile, sostanza ossidabile, reagisce con un comburente, sostanza ossidante, liberando energia, in genere sotto forma di calore.

 

 

REAZIONE CHIMICA DI COMBUSTIONE

I combustibili, entrando in contatto con i comburenti, perdono elettroni, cioè si ossidano, mentre i comburenti si riducono, cioè acquistano elettroni.

Il calore generato innalza la temperatura dei partecipanti alla reazione e molto spesso la porta a valori tali per cui essi irradiano energia elettromagnetica con lunghezze d'onda comprese nel campo del visibile ( visibilità della fiamma ).

Le zone di reazione ci appaiono allora luminose e si parla di fiamme.Le sostanze combustibili più comuni sono, in larga parte, composte di idrogeno e carbonio.Nelle combustioni in aria si ha quindi formazione di acqua liquida o vaporizzata, e di anidride carbonica.

Nelle combustioni incomplete, dovute alla non sufficiente quantità di ossigeno, si produce inoltre di ossido di carbonio.

La combustione è una reazione esotermica che libera calore perchè i reagenti possiedono più energia dei prodotti di reazione

Mescolati ai prodotti di reazione di carbonio e idrogeno si aggiungono di solito i prodotti di reazione dello zolfo presente in quasi tutti i combustibili, gas inerti come l'azoto, gas derivanti dalla decomposizione termica di eventuali sostanze organiche, ed infine incombusti e residui minerali. Tutti questi prodotti insieme vengono chiamati fumi.

 

 

LA VELOCITÀ DI COMBUSTIONE

La velocità di reazione indica la velocità alla quale i reagenti in una reazione si trasformano nei prodotti. La velocità alla quale ha luogo la reazione dipende dalla maggiore o minore difficoltà con cui le molecole, nei loro urti, riescono a superare l'energia di attivazione necessaria per la formazione dei complessi attivati.

La temperatura è il parametro che più influenza la velocità di reazione. Tutte le reazioni accelerano all'aumentare della temperatura perché le molecole, più veloci, collidono tra loro con maggior frequenza ed efficacia.

Al di sopra della temperatura di ignizione le molecole hanno sufficiente energia cinetica per superare la barriera di attivazione e quindi dar luogo ai complessi attivati e la combustione è rapida ed evidente.

La velocità di reazione dipende inoltre dalla concentrazione, cioè dal numero per unità di volume, dei complessi attivati che si formano.

a) rimbalzo senza reazione tra molecole a bassa temperatura e, quindi, lente

b) reazione tra molecole ad alta temperatura e, quindi, veloci

La velocità di reazione dipende dalla concentrazione, cioè dal numero per unità di volume, dei complessi attivati che si formano e questa concentrazione, a sua volta, dipende dalla temperatura. Sotto una certa temperatura, detta appunto temperatura di accensione o temperatura di ignizione, le collisioni molecolari, abbastanza veloci da superare la barriera di attivazione, e quindi da dar luogo a complessi attivati, sono poco probabili e la combustione procede perciò in forma lenta o latente.

Sopra la temperatura di accensione, invece, un gran numero di collisioni danno luogo a complessi attivati e perciò la concentrazione dei complessi attivati cresce e la combustione diventa più rapida.

Se poi in un volume abbastanza grande combustibile e comburente, ben miscelati, si portano alla temperatura di accensione in un intervallo ristretto di tempo, la liberazione di energia può avere l'andamento di una esplosione. Tutto dipende dalle modalità di raggiungimento della temperatura di accensione nel tempo e nei diversi punti e quindi, essenzialmente, dai processi di scambio termico e di liberazione di energia in forma termica: è questo il problema della propagazione delle combustioni.

 

 

DISTACCO E RITORNO DI FIAMMA

Partiamo da un esempio ed immaginiamo di avere un becco Bunsen con un rubinetto per regolare la velocità di erogazione del gas in uscita. Il combustibile all’altezza dei due fori laterali si mescola con l’aria e la miscela attraversa con una certa velocità l’intero tubo fino a bruciare in cima con una fiamma.

Se la velocità con cui la miscela esce dal tubo è maggiore della velocità con cui la fiamma si propaga all’interno della miscela, si osserva che la fiamma si stacca dal bruciatore e compare ad una certa distanza dal foro di uscita del gas.

Questo fenomeno viene chiamato distacco di fiamma e si può presentare in quei combustibili che hanno una bassa velocità di propagazione di fiamma. Le conseguenze possono essere una combustione non completa del combustibile, o addirittura la possibile estinzione della fiamma. Arricchendo il combustibile con idrogeno, che ha una alta velocità di propagazione di fiamma, il fenomeno non si verifica.

Il ritorno di fiamma è il fenomeno inverso: esso si presenta quando la velocità di uscita della miscela combustibile è minore della velocità con cui la fiamma si propaga. In questo caso la fiamma tende a rientrare nel condotto dal quale proviene la miscela.

Questo fenomeno, come si può immaginare, è molto pericoloso.

Un aspetto che la tecnologia tenta di affrontare è proprio quello della stabilizzazione della fiamma, vale a dire dell’utilizzo di modelli di bruciatori che evitino fenomeni di distacco e ritorno di fiamma e che consentano alla fiamma di rimanere come incollata su una superficie solida.

 

 

PROPAGAZIONE DELLA COMBUSTIONE

Il propagarsi di un incendio richiede la presenza contemporanea di tre requisiti fondamentali: combustibile, comburente, temperatura adeguata.

La reazione di combustione può aver bisogno di un innesco proveniente dall'esterno, oppure comburente e combustibile possono reagire per autoinnesco. Una volta sviluppatasi la fiamma in un qualunque punto della massa combustibile, questa farà da innesco ad altre reazioni dando luogo alla propagazione della fiamma.

La velocità alla quale la reazione si propaga dipende dalla natura del gas, dal rapporto stechiometrico tra combustibile e comburente e dalle dimensioni dell'ambiente di combustione.

Per capire il fenomeno della propagazione della fiamma risultano importanti i seguenti parametri che caratterizzano ciascun combustibile: limiti di infiammabilità, temperatura di infiammabilità, temperatura di accensione.

Dai valori di questi parametri è possibile determinare il grado di pericolosità del combustibile sia per la sua conservazione che per il trasporto.

Immaginiamo una miscela gassosa formata da molecole di comburente (pallini scuri) e molecole di combustibile (pallini chiari): la reazione si sviluppa solo quando sono presenti contemporaneamente tre elementi, cioè combustibile, comburente e calore.

Ambiente saturo di combustibile (superiore al limite sup. di infiammabilità)

In tale eventualità può accadere che, quando il calore sprigionato dalle prime due palline - quella chiara e quella scura - viene trasferito alle palline adiacenti ha maggiore probabilità di trovare due palline chiare piuttosto che una chiara e una scura, cosicché uno dei requisiti necessari alla propagazione della combustione, ovvero il comburente (pallina scura) viene a mancare e la fiamma non si propaga.

Ambiente saturo di comburente (inferiore al limite inf. di infiammabilità)

Se, invece, nel nostro recipiente ci sono più palline scure che chiare, cioè se la quantità di comburente è maggiore di quella del combustibile, può accadere che il calore sprigionato dalle palline chiare e scure in questo caso troverà con maggiore probabilità due palline scure.

Anche in questo caso la triade necessaria affinché la reazione avvenga non è soddisfatta: manca, infatti, la pallina chiara e la reazione non avviene.

I valori* dei limiti di infiammabilità sono diversi a seconda del combustibile

 

Combustibile

Limite inferiore

Limite superiore

Benzina

0.9

7,5

Gas naturale

3

15

Gasolio

1

6

Butano

1,5

8,5

Metano

5

15

 

* I valori rappresentano le percentuali di combustibile in volume nella miscela combustibile/comburente

 

TEMPERATURA DI INFIAMMABILITA'

E’ la temperatura minima alla quale i liquidi combustibili emettono vapori in qualità tali da incendiarsi in caso di innesco.

 

LIMITI DI INFIAMMABILITA'

Tali limiti individuano il campo di infiammabilità all’interno del quale si ha, in caso di innesco, l’accensione e la propagazione della fiamma nella miscela.

 

LIMITI DI INFIAMMABILITÀ

I limiti di infiammabilità sono definiti, nel caso di combustibili gassosi, come i limiti di concentrazione, all'interno dei quali il combustibile è sufficiente a dar luogo alla reazione di combustione.

I limiti di infiammabilità sono espressi in percentuale in volume di combustibile nella miscela aria-combustibile e si distinguono in :

  • limite inferiore di infiammabilità

  • limite superiore di infiammabilità.

 I valori dei limiti di infiammabilità per ciascun combustibile dipendono da:

  • reattività del combustibile

  • pressione

  • temperatura di reazione.

 

ESPLOSIONE, DEFLAGRAZIONE E DETONAZIONE

Se una reazione esotermica avviene in uno spazio limitato, spesso il calore svolto non può essere dissipato. Come risultato la temperatura aumenta, la velocità di reazione cresce e ciò determina un corrispondente aumento nella velocità di produzione del calore. La velocità di reazione cresce senza limite ed il risultato è chiamato esplosione termica.

La rapida e localizzata liberazione di energia determinata dall’esplosione provoca considerevoli effetti meccanici.

Il verificarsi o meno di una esplosione dipende, oltre che dalle caratteristiche della miscela, dalla pressione e dalla temperatura.

Secondo il meccanismo termico dell'esplosione esiste, per una determinata composizione del sistema e per una determinata temperatura, una determinata pressione al di sotto della quale si ha una reazione lenta e al di sopra della quale si ha una reazione esplosiva.

 

LIMITE DI ESPLODIBILITA' (% IN VOLUME)

Sono la più bassa e la più alta concentrazione in volume di vapore della miscela al di sotto o al di sopra della quale non si ha esplosione in presenza di innesco.

Tali limiti sono molto ampi per certe miscele. Ad esempio:

la miscela acetilene-aria è esplosiva entro i limiti del 3 e 53% in volume di acetilene

quella idrogeno-aria fra il 10 ed il 66% in volume di idrogeno.

Per altre miscele invece i limiti sono molto ristretti: ad esempio, la miscela benzina-aria è esplosiva all’incirca entro i limiti dell’1 e 6% in volume di vapori del combustibile.

I limiti variano però con la pressione e con la temperatura, crescendo in generale all’aumentare di queste.

Quando la reazione di combustione si propaga alla miscela infiammabile non ancora bruciata con una velocità minore di quella del suono, l'esplosione è chiamata deflagrazione, quando la reazione procede nella miscela non ancora bruciata con una velocità superiore a quella del suono (velocità di propagazione supersoniche dell’ordine del chilometro al secondo), l'esplosione è detta detonazione. Gli effetti distruttivi delle detonazioni sono maggiori rispetto a quelli delle deflagrazioni.

Qualitativamente si può affermare che:

  • le probabilità di esplosione (detonazione o deflagrazione) crescono nell’intorno della composizione stechiometrica;
  • un intervallo ampio di infiammabilità, come ad esempio quello dell’idrogeno che va dal 4 al 75% in volume, è indice di particolare reattività e quindi di rischio di esplosione;
  • un intervallo ristretto di infiammabilità fa pensare, all’opposto, ad un evolversi lento della combustione.

In mancanza di informazioni sicure o di dati sperimentali è comunque prudente considerare ogni miscela di combustibile e di comburente in fase gassosa come potenzialmente esplosiva se la sua composizione è compresa entro i limiti di infiammabilità

 

TEMPERATURA DI ACCENSIONE

E’ la minima temperatura alla quale la miscela combustibile comburente inizia a bruciare spontaneamente in modo continuo senza apporto di calore o di energia dall’esterno.

 

TEMPERATURA DI COMBUSTIONE

E’ il più elevato valore di temperatura che è possibile raggiungere nei prodotti di combustione di una sostanza.

 

ARIA TEORICA DI COMBUSTIONE

E’ la quantità di aria necessaria per raggiungere la combustione completa di tutti i materiali combustibili.

 

POTERE CALORICO

E’ la quantità di calore prodotta dalla combustione completa dell’unità di massa o di volume di una determinata sostanza combustibile.

Se si tiene conto della presenza di molecole d'acqua nei prodotti della combustione, si possono distinguere:

  • potere calorifico superiore: è il calore sviluppato dalla reazione allorché tutti i prodotti della combustione sono alla temperatura ambiente, e quindi l'acqua è allo stato liquido;

  • potere calorifico inferiore: è il calore sviluppato dalla reazione allorché tutti i prodotti della combustione sono alla temperatura alla quale avviene la combustione, e quindi l'acqua è allo stato di vapore.

Negli incendi si può ritenere con ottima approssimazione che il calore sviluppato sia valutabile sulla base del potere calorifico inferiore. Questo non vale però per la determinazione del carico d'incendio, dove si usano i poteri calorifici superiori.

L'unità di misura del potere calorifico è il mega Joule per chilogrammo (MJ/kg) o le chilocalorie per chiilogrammo (kcal/kg).

Carico d’incendio (definizione)
Il carico di incendio verrà trattato nella II parte

  • E’ il potenziale termico della totalità dei materiali contenuti in uno spazio compresi i rivestimenti dei muri, dei pavimenti e dei soffitti pannellati.

  • Il carico d’incendio si esprime convenzionalmente in Kg di legno equivalente (potere calorifico del legno 4400 KCal/Kg = 18.48 MJ/Kg).

 

I COMBUSTIBILI

 

E’ utile notare che la maggior parte delle combustioni avviene in fase gassosa.

Ciò risulta ovvio per i combustibili che si presentano già come gas, ma vale anche per quelli liquidi e solidi. Infatti, nel caso dei combustibili liquidi, si ha prima una evaporazione del liquido (le molecole di combustibile che si trovano in fase liquida per effetto della temperatura passano in fase gassosa) e successivamente avviene la combustione del gas.

Anche nei solidi si ha prima un passaggio dalla fase solida a quella di vapore (sublimazione) di alcune sostanze che bruciano subito e solo successivamente si ha la combustione del carbonio nel residuo.

 

COMBUSTIBILI SOLIDI

Il legno è costituito da cellulosa (il componente fondamentale), lignina, zuccheri, resine, gomme e sostanze minerali varie, che danno luogo, al termine della combustione, alle ceneri.

Stesse caratteristiche presentano tutte le sostanze che derivano dal legno come la carta, il lino, la juta, la canapa, il cotone, ecc. Il grado di combustibilità di tutte queste sostanze può essere alterato a seguito di particolari trattamenti (ad es. pittura).

Il legno può bruciare con fiamma più o meno viva - o addirittura senza fiamma - o carbonizzare a seconda delle condizioni in cui avviene la combustione. La velocità di carbonizzazione di un legno è di circa 1 mm/minuto

La temperatura d’accensione del legno è di circa 250°C, tuttavia se il legno è a contatto con superfici calde per molto tempo possono avvenire fenomeni di carbonizzazione con possibilità di accensione spontanea a temperature anche molto minori.

Una caratteristica importante del legno è la pezzatura, definita come il rapporto tra il volume del legno e la sua superficie esterna. Se un combustibile ha una grande pezzatura vuol dire che le sue superfici a contatto con l’aria sono relativamente scarse ed inoltre ha una massa maggiore per disperdere il calore che gli viene somministrato.

In generale, sia per i combustibili solidi che per quelli liquidi, si ha che quando il combustibile è suddiviso in piccole particelle, la quantità di calore da somministrare è tanto più piccola quanto più piccole sono le particelle, sempre che naturalmente si raggiunga la temperatura di accensione. Così il legno che in grandi dimensioni può essere considerato un materiale difficilmente combustibile, quando invece è suddiviso allo stato di segatura o addirittura di polvere può dar luogo addirittura ad esplosioni

COMBUSTIBILI LIQUIDI

I combustibili liquidi sono, tra i combustibili, quelli che presentano il più elevato potere calorifico per unità di volume. Vengono adoperati sia nei motori che negli impianti di riscaldamento.

I combustibili liquidi artificiali sono pochi e di scarsa importanza, mentre ben più importante è la classe dei combustibili liquidi naturali, alla quale appartengono i petroli.

Il petrolio non è un’unica sostanza, ma una miscela formata prevalentemente da un gran numero di idrocarburi (composti chimici formati esclusivamente da carbonio ed idrogeno) con proprietà chimiche e fisiche molto diverse. Nei diversi tipi di petroli possono essere presenti anche sostanze diverse dagli idrocarburi, ad esempio composti dello zolfo (che determinano il tenore di zolfo), che sono una delle principali cause dell'inquinamento da anidride solforosa nelle grandi città.

Si deve tenere presente che, anche se il petrolio nel suo complesso è un liquido, i diversi idrocarburi che lo compongono possono essere liquidi, solidi o gassosi (il fatto che una miscela liquida possa contenere sostanze solide e gassose non deve stupire, basta pensare che l’acqua di mare è una miscela di acqua e di diversi sali tutti solidi).

La principale lavorazione a cui viene sottoposto il petrolio greggio è una distillazione. La prima grossolana distillazione consente di separare frazioni che distillano in intervalli di temperatura piuttosto ampi. Successivamente queste frazioni vengono ulteriormente distillate per ottenere i prodotti finali: gas di raffineria, benzine, cherosene, gasolio. La parte liquida che rimane come residuo della distillazione costituisce gli oli pesanti, quella solida il bitume.

La distillazione è una tecnica che consente di separare i diversi componenti di una miscela liquida scaldandola lentamente e raccogliendo i vapori delle sostanze componenti man mano che evaporano alle diverse temperature.

 

In generale tutti i combustibili liquidi sono in equilibrio con i propri vapori, che si sviluppano in misura differente a seconda delle condizioni di pressione e di temperatura, sulla superficie di separazione tra liquido e mezzo che lo sovrasta.

Nei liquidi infiammabili la combustione avviene quando, in corrispondenza della suddetta superficie, i vapori dei liquidi, miscelandosi con l’ossigeno dell’aria in concentrazioni comprese nel campo di infiammabilità, sono opportunamente innescati. Pertanto per bruciare in presenza di innesco, un liquido infiammabile deve passare dallo stato liquido allo stato vapore.

L’indice della maggiore o minore combustibilità di un liquido è fornito dalla temperatura di infiammabilità, in base alla quale i combustibili liquidi vengono così catalogati:

  • categoria A: liquidi aventi punto di infiammabilità inferiore a 21°C

  • categoria B: liquidi aventi punto di infiammabilità compreso tra 21°C e 65°C

  • categoria C: liquidi aventi punto di infiammabilità oltre 65° e fino a 125°C

Sostanza Temperature di
infiammabilità (°C)
Categoria
Gasolio

Acetone

Benzina

Alcool metilico

Alcool etilico

Toluolo

Olio lubrificante

65

-18

-20

11

13

4

149

C

A

A

A

A

A

C

 

COMBUSTIBILI GASSOSI

 Fra i combustibili gassosi naturali, i più importanti sono senza dubbio gli idrocarburi gassosi: metano, etano, propano e butano (il primo è il comune gas da cucina usato nelle grandi città, l’ultimo il gas contenuto, ad esempio, nelle bombole dei fornelletti da campeggio).

Questi combustibili sono migliori dei combustibili liquidi naturali perché sono generalmente molto puri, possono essere miscelati facilmente con l’aria (e quindi con l’ossigeno) per avere un’ottima combustione e bruciano senza dare origine a sostanze incombuste e a fumi. L'unico rischio, comune peraltro a quasi tutti i combustibili naturali, consiste nella possibile formazione di monossido di carbonio se la disponibilità di ossigeno è limitata.

Fra i combustibili gassosi artificiali merita un cenno l’idrogeno, ottenuto a partire dall’acqua attraverso un procedimento chiamato idrolisi ed attualmente oggetto di un gran numero di studi per il suo possibile impiego come combustibile pulito (l’unico prodotto della sua combustione è l’acqua e non c’è il rischio della possibile formazione di monossido di carbonio).

Contenitori di gas sotto pressione

Conservazione dei gas

I gas vengono conservati all’interno di contenitori (grandi serbatoi , bombole, bottiglie ecc.), in genere sotto pressione oppure liquefatti in maniera da consentire una più semplice stoccaggio.

 

Gas compressi

Sono quelli conservati allo stato gassoso sotto pressione alla temperatura ambiente in appositi recipienti. Tali recipienti vengono riempiti di gas fino al raggiungimento di una data pressione di carica che è funzione della resistenza della bombola stessa

Pressione di carica di gas comuni

 
Gas Pressione di stoccaggio (kg/cm2)
Metano

Idrogeno

Gas nobili

Ossigeno

Aria

Anidride carbonica

300

250

250

250

250

20

 

Gas criogenici - Sono conservati allo stato liquido in particolare contenitori, ma a temperature e pressioni molto basse. Questi gas non possono essere conservati indefinitamente in un contenitore, poiché anche la temperatura dell’ambiente circostante può generare delle condizioni di pressioni non sostenibili per qualunque recipiente. E’ necessario quindi rendere possibile una minima evaporazione, che consenta di restituire, come calore di evaporazione, il calore assorbito dall’ambiente esterno.

Gas disciolti - Sono conservati in fase gassosa disciolti entro un liquido ad una determinata pressione (ad esempio, acetilene disciolto in acetone, anidride carbonica disciolta in acqua gassata-minerale).

 

CAUSE E PERICOLI DI INCENDIO

Principali cause e pericoli di incendio:

  • deposito o manipolazione non idonea di sostanze infiammabili;

  • accumulo di rifiuti, carta o altro materiale combustibile che può essere facilmente incendiato (accidentalmente o deliberatamente);

  • negligenza nell’uso di fiamme libere e di apparecchi generatori di calore;

  • inadeguata pulizia delle aree di lavoro e scarsa manutenzione delle apparecchiature;

  • mpianti elettrici o utilizzatori difettosi, sovraccaricati e non adeguatamente protetti;

  • riparazioni o modifiche di impianti elettrici e effettuate da persone non qualificate;

  • apparecchiature elettriche lasciate sotto tensione anche quando inutilizzate;

  • utilizzo non corretto di impianti di riscaldamento portatili;

  • ostruire la ventilazione di apparecchi di riscaldamento, macchinari, apparecchiature elettriche e di ufficio;

  • fumare in aree ove è proibito, o non usare il posacenere;

  • negligenze di appaltatori o di addetti alla manutenzione;

  • ecc.

 

DINAMICA ED EFFETTI DELL’INCENDIO

I principali effetti dell’incendio sull’uomo sono:

  • anossia (a causa della riduzione del tasso di ossigeno nell’aria);

  • azione tossica dei fumi;

  • riduzione della visibilità;

  • azione termica lEssi sono determinati dai prodotti della combustione;

  • gas di combustione (ossido di carbonio, anidride carbonica, idrogeno solforato, anidride solforosa, ecc.);

  • fiamma;

  • calore;

  • fumo.

I prodotti della combustione sono suddivisi in quattro categorie:

  • gas di combustione: prodotti della combustione che rimangono allo stato gassoso anche quando raggiungono raffreddandosi, la temperatura ambiente di riferimento (15 °C);

  • fiamme: costituite dall’emissione di luce conseguente alla combustione di gas sviluppatosi in un incendio.

I prodotti della combustione sono suddivisi in quattro categorie:

  • fumi: formati da piccolissime particelle solide (aerosol), liquide (nebbie o vapori condensati). Queste particelle sono sostanze incombuste che si formano quando la combustione avviene in carenza di ossigeno e vengono trascinate dai gas caldi prodotti dalla combustione stessa.
  • calore: causa principale della propagazione degli incendi. Realizza l’aumento della temperatura di tutti i materiali e i corpi esposti, provocandone il danneggiamento fino alla distruzione.
Tra i prodotti della combustione il fumo è sicuramente il più pericoloso.

Il fumo si produce essenzialmente perché la combustione avviene in carenza di ossigeno o perché sono presenti forti quantità di umidità nel combustibile che brucia.

Il fumo è la causa principale dello scadimento della visibilità, dell'insorgere del panico e dello stato confusionale nelle persone coinvolte nell'incendio.

Il fumo occulta la segnaletica e ritarda l'uscita del personale aumentando così il rischio di asfissia.

Il fumo ostacola le operazioni di salvataggio delle persone, la localizzazione dei focolai, impedendo di fatto l’estinzione dell'incendio.

Il fumo è costituito in ogni caso da gas asfissianti e tossici.

 

CHE COS’E’ LA PREVENZIONE INCENDI?

COME SI ATTUA LA PREVENZIONE INCENDI?

Per “PREVENZIONE INCENDI” si intende la materia di rilevanza interdisciplinare, nel cui ambito vengono promossi, studiati, predisposti e sperimentati misure, provvedimenti e modi di azione intesi ad evitare, secondo le norme emanate dagli organi competenti, l’insorgenza di un incendio e a limitarne le conseguenze.

 

CON QUALI CRITERI?

 

I CRITERI SONO

PREVENZIONE

PROTEZIONE

MISURE, PROVVEDIMENTI E ACCORGIMENTI ATTI A RIDURRE LE PROBABILITA’ DELL’INSORGERE DELL’INCENDIO MISURE, PROVVEDIMENTI E ACCORGIMENTI ATTI A RIDURRE LE CONSEGUENZE DELL’INCENDIO

 

QUALI PROVVEDIMENTI GENERALI?

  • ADOZIONE DI DISPOSITIVI DI SICUREZZA

  • ADOZIONE DI RECINZIONE E DI DISTANZE DI PROTEZIONE PER EVITARE AZIONI DOLOSE

  • VENTILAZIONE NATURALE E/O MECCANICA

  • ADOZIONE DI PAVIMENTI ANTISCINTILLA

  • RIDUZIONE DEL CARICO D’INCENDIO (vedi significato D.M. 30/11/83)

  • LIMITARE L’IMPIEGO DI MATERIALI COMBUSTIBILI (Reazione al fuoco D.M. 30/11/88)

  • SENSIBILIZZAZIONE DEL PERSONALE SUI PERICOLI DELL’INCENDIO, SQUADRE AZIENDALI

  • PULIZIA E ORDINE DELL’AMBIENTE DI LAVORO

  • SEGNALETICA DI SICUREZZA (vedi normativa)

  • DIVIETO DI FUMARE, USARE FIAMME LIBERE, PRODURRE SCINTILLE

  • ADOZIONE DI IMPIANTI TECNOLOGICI A REGOLA D’ARTE (legge 46/90-legge 186/68)

  • MESSA A TERRA DI STRUTTURE,RECIPIENTI ecc.

  • ADOZIONE DI DISTANZE DALLE LINEE ELETTRICHE

  • INSTALLAZIONE DI IMPIANTI PARAFULMINE

 

 


Immagini e testi tratti da www.vigilidelfuocomilano.it