Gli antenati del Corpo Nazionale
La storia dei Vigili del fuoco ha radici millenarie. La sua nascita si può far risalire all’istituzione della Militia Vigilum dell’Imperatore Augusto. Da allora, attraverso l’evoluzione di nuove professionalità e dalle esperienze spesso nate durante e a seguito di gravi eventi calamitosi, il Corpo Nazionale è diventato, per come lo conosciamo oggi, un vero e proprio unicum nel panorama internazionale dei Vigili del Fuoco.
Ogni comando è contraddistinto da un numero e da un motto, decretato con - 61 - "Ad omnem fortunam"
Il “Corpo dei Civici Pompieri” di Perugia
Il 14 settembre 1871 l’Amministrazione Comunale di Perugia, dopo aver a lungo riflettuto e aver preso diverse informazioni in altre grandi città come Roma, Firenze e Bologna, istituì ufficialmente il Corpo dei Civici Pompieri emanandone anche il relativo Regolamento (approvato poi dal Ministero dell’Interno solo il 6 ottobre 1873).
Per avere un’idea di com’erano concepiti i Vigili del Fuoco in quei tempi, affidiamoci ad alcuni tratti del suddetto Regolamento:
“…E’ speciale attributo del Corpo dei Pompieri l’estinzione degli incendi nella città di Perugia e nel Comune…”
“…Coerentemente a tale attributo dovrà intervenire a tutte quelle feste ed a quegli spettacoli pubblici in cui sarà ragionevole timore di fuoco e vi rimarrà per tutto il tempo che durerà la festa e lo spettacolo…”
“…Per ogni catastrofe d’improvvisa rovina di edifici abitati, di caduta di persone dentro profondità di pericoloso accesso ed in qualunque altro simigliante infortunio in cui possa ragionevolmente supporsi che la maggior idoneità dei Pompieri e la qualità dei loro attrezzi siano di una certa utilità alla urgenza, dovranno essi Pompieri prestarsi alla richiesta del soccorso…”
Evidentemente la poco avanzata tecnologia dei tempi nonché il fatto che la realtà umbra era caratterizzata prevalentemente da una civiltà contadina non faceva allora intravedere altri compiti tecnicamente più impegnativi.
Il neonato Corpo era previsto come un organismo tecnico del Comune e, come tale, dipendeva direttamente dal Sindaco e dalla Giunta Comunale. Esso faceva parte dell’Ufficio Tecnico del Comune ed aveva, quindi, come supervisore l’Ingegnere Capo. Dal punto di vista operativo il responsabile diretto dell’addestramento del personale, della manutenzione dei mezzi e dell’effettuazione dei servizi previsti dal Regolamento era il Comandante.
Il Corpo dei Civici Pompieri, con un entusiasmo che compensava la carenza di esperienza e di mezzi, svolse la sua lodevolissima opera fino al 10 ottobre 1935, data in cui passò a Corpo Provinciale.
Ripreso dal sito dell'Associazione Nazionale dei Vigili del Fuoco - sez. Perugia, che si ringrazia per la disponibilità.
(testo e immagini liberamente estratti dalla pubblicazione edita nell’anno 1971 dal Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Perugia in occasione del centenario dell’istituzione del Corpo dei Pompieri di Perugia)
Il “Corpo Provinciale dei Vigili del Fuoco della Provincia di Perugia”
Con il Regio Decreto Legge n° 2472 del 10 ottobre 1935 venne attuata una ristrutturazione dei servizi pompieristici che prevedeva una organizzazione in Corpi Provinciali coordinati in Corpo Nazionale. Era il primo passo verso la nazionalizzazione definitiva del Corpo che avvenne alcuni anni dopo e precisamente nel 1941.
Conseguentemente a tale disposizione i Corpi comunali delle città capoluogo di provincia divenivano “Corpi Provinciali” mentre i corpi delle altre città della Provincia divenivano “Distaccamenti Provinciali”.
Pertanto, in attuazione della legge, il Corpo dei Civici Pompieri di Perugia diveniva “Corpo Provinciale dei Vigili del Fuoco della Provincia di Perugia” con alle sue dipendenze i corpi dei civici pompieri di Foligno, Assisi, Città di Castello, Gubbio, Spoleto ed Umbertide divenuti, in ossequio alla norma, “Distaccamenti Provinciali”.
Purtroppo la ristrutturazione apportata dalla legge, pur rappresentando un notevole progresso, non comportò un miglioramento delle risorse sia di uomini che di mezzi per cui il Corpo di Perugia continuò ad operare con tanta buona volontà e tanto eroismo ma anche con tante difficoltà che non consentivano un ottimale svolgimento dei servizi.
Nel 1941, a seguito dell’emanazione della Legge 27 dicembre 1941, n°1570, che istituiva il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, finì l’era eroica dei “Civici Pompieri” in quanto i servizi pompieristici venivano definitivamente nazionalizzati. Pertanto i vari Corpi Provinciali (compreso, naturalmente, quello di Perugia) presero il nome di “Comandi Provinciali” con dipendenza diretta dal Ministero dell’Interno.
La strutturazione del Corpo Nazionale prevista dalla suddetta Legge 1570, pur con varie modifiche apportate nel tempo, è rimasta la stessa fino ai giorni d’oggi.
Ripreso dal sito dell'Associazione Nazionale dei Vigili del Fuoco - sez. Perugia, che si ringrazia per la disponibilità.
(testo e immagini liberamente estratti dalla pubblicazione edita nell’anno 1971 dal Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Perugia in occasione del centenario dell’istituzione del Corpo dei Pompieri di Perugia)
I Comandanti del “Corpo dei Civici Pompieri di Perugia” e del “Corpo Provinciale dei Vigili del Fuoco della Provincia di Perugia”
Il primo Comandante del Corpo dei Civici Pompieri di Perugia fu il Cav. Zeno Buranelli, Aiutante Ingegnere del Comune, che rimase in carica dal 1871 al 1906, anno in cui lasciò la carica per raggiunti limiti di età. Egli, con grandissimo entusiasmo assolse in modo egregio il difficile compito di organizzare e regolamentare ex novo l’attività dei pompieri.
Al Cav. Buranelli successe il Geom. Manlio Carattoli che rimase in carica dal 1906 sino al 1931.
Egli proseguì nella linea del suo predecessore riuscendo anche a superare diversi ostacoli che fino ad allora sembravano invalicabili. A suo merito va una prima opera di modernizzazione del Corpo, opera necessaria visto il progressivo avanzare delle nuove tecnologie.
Nel 1931, al Geom. Carattoli subentrò l’Ing. Gustavo Lelli che rimase in carica anche dopo la “provincializzazione” del Corpo (avvenuta, come detto, nel 1935) fino al 1940. Durante il periodo di comando l’Ing. Lelli proseguì nell’opera intrapresa dai suoi predecessori battendosi in particolar modo per una nuova e più moderna regolamentazione dei servizi di estinzione. Fu proprio durante il suo periodo di comando, e precisamente nel 1932, che venne emanato dal Podestà di Perugia un nuovo e più moderno Regolamento per il Corpo dei Vigili del Fuoco.
Nel 1931, al Geom. Carattoli subentrò l’Ing. Gustavo Lelli che rimase in carica anche dopo la “provincializzazione” del Corpo (avvenuta, come detto, nel 1935) fino al 1940. Durante il periodo di comando l’Ing. Lelli proseguì nell’opera intrapresa dai suoi predecessori battendosi in particolar modo per una nuova e più moderna regolamentazione dei servizi di estinzione. Fu proprio durante il suo periodo di comando, e precisamente nel 1932, che venne emanato dal Podestà di Perugia un nuovo e più moderno Regolamento per il Corpo dei Vigili del Fuoco.
Ripreso dal sito dell'Associazione Nazionale dei Vigili del Fuoco - sez. Perugia, che si ringrazia per la disponibilità.
(testo e immagini liberamente estratti dalla pubblicazione edita nell’anno 1971 dal Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Perugia in occasione del centenario dell’istituzione del Corpo dei Pompieri di Perugia)
I servizi svolti dal “Corpo dei Civici Pompieri” di Perugia
Come si è già detto in altra parte, all’epoca gli incendi costituivano, in genere, la gran massa degli eventi richiedenti l’intervento dei Pompieri. Inizialmente la tipologia degli incendi non era molto varia considerato che al di fuori del centro abitato esisteva una realtà prettamente contadina con pochissime attività di tipo artigianale ed ancor meno di tipo industriale.
C’è da dire, però, che il Corpo doveva far fronte anche ad altri eventi calamitosi come, ad esempio, i numerosi suicidi nei pozzi o i crolli di tetti o solai.
Alcuni dei vari interventi vengono descritti in altra pagina ad essi specificamente dedicata.
Inoltre, a volte si richiedevano ai Pompieri interventi particolari non strettamente legati a fatti calamitosi come ad esempio l’installazione di bandiere su alte aste o il diserbamento di torri o, addirittura, l’innaffiamento delle strade e dei giardini pubblici (come risulta da una lettera del Sindaco scritta nel 1872 che ordina di “…corredare le pompe con cipolle per l’innaffiamento degli alberi delle pubbliche passeggiate”).
Molto frequenti nonché impegnativi e faticosi erano, poi, i servizi presso i teatri o, in genere, presso i pubblici spettacoli considerato che a quell’epoca (la “Belle Epoque”) gli spettacoli sia lirici, che di prosa, che di ballo o altro erano particolarmente numerosi. Basti dire che dalle statistiche risulta che i servizi “teatrali” ammontavano a quattro volte i servizi per intervento! A titolo di esempio ricordiamo un Ordine del Sindaco del 9 febbraio 1890 in cui testualmente si diceva che “…al servizio alle Corse nei giorni 9 e 11 in Piazza D’Armi dovranno intervenire tutti i Pompieri ed un numero di Guardie Daziarie e Guardie Urbane che sarà disponibile…”.
Infine, come se non bastasse, ai pompieri si chiedeva anche una gran serie di servizi di rappresentanza praticamente in qualunque manifestazione pubblica visto il notevole effetto coreografico che suscitavano le loro belle uniformi da parata.
Ripreso dal sito dell'Associazione Nazionale dei Vigili del Fuoco - sez. Perugia, che si ringrazia per la disponibilità.
(testo e immagini liberamente estratti dalla pubblicazione edita nell’anno 1971 dal Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Perugia in occasione del centenario dell’istituzione del Corpo dei Pompieri di Perugia)
Le attrezzature del “Corpo dei Civici Pompieri” di Perugia
Il complesso di mezzi e attrezzature caricati su carri di vario tipo per l’effettuazione degli interventi veniva chiamato “treno”. I vari carri erano realizzati in modo che potessero essere trainati sia dagli uomini (all’interno della città) che dai cavalli (quando i percorsi divenivano lunghi).
Come già detto esisteva un treno da città strutturato per tutte le tipologie d’interventi che potevano avvenire all’interno della città (in genere incendi di camini) e un treno da campagna per le tipologie d’interventi che potevano avvenire nel territorio circostante la città. Essendo tale territorio praticamente tutto destinato ad uso agricolo la tipologia di interventi più ricorrente in esso era costituita da interventi per incendi di pagliai o fienili.
Naturalmente, oltre ai carri strutturati specificamente per gli incendi, ne esistevano altri caricati con varie attrezzature necessarie per i diversi tipi d’intervento: corde, imbracature, puntelli e, addirittura, anche una maschera da fumo!
Man mano che passavano gli anni le attrezzature venivano ogni tanto rinnovate ma con grandissime difficoltà per la parsimoniosità dell’Amministrazione comunale che si dimostrava poco attenta alle esigenze di un Corpo che con grandi sacrifici cercava di svolgere un lavoro utile e di grande aiuto all’intera comunità. Dagli archivi a disposizione possiamo ricavare solo poche notizie.
In una lettera del 2 luglio 1890 il Comando informa il Sindaco sulle caratteristiche di un nuovo “treno” acquistato: “Prezzo totale: L. 3700 con pagamento in 3 rate annuali – Carreggiata: m. 1,20 – Larghezza: m. 1,52 – Peso complessivo: Kg 550 – Caratteristiche della pompa: Diametro cilindri mm. 120; portata lt. 200 al minuto; gittata 30 mt. di distanza; uomini di servizio: 8 ÷ 12; due bocche di uscita ed una per attrazione”.
Finalmente, nel 1913 i Pompieri di Perugia riuscirono ad avere in dotazione un “autocarro di forza 20-30 HP, garantito per forti pendenze, con doppie gomme pneumatiche posteriori, identico al tipo adottato dal Governo per l’impresa di Libia”. A puro titolo informativo diremo che il prezzo pagato dal Comune all’autogarage di Perugia fu di L. 14.500 suddivise in 4 rate annuali!!
L’autocarro fu attrezzato ad autopompa montando su di esso l’equipaggiamento del Carro a cavalli n°5 consistente in … una pompa a braccia! Comunque fu un grande passo in avanti sulla via della modernizzazione e ben a ragione i pompieri di Perugia si poterono pavoneggiare sul loro fiammante mezzo nella foto scattata in pieno centro della città.
Nel luglio 1920 si propone al Comune l’acquisto di una motopompa Tamini 20 HP 4 cilindri da pagare in due rate annuali ma la Giunta decide di chiedere preventivi e di contattare i Comuni limitrofi al fine di costituire eventualmente un Consorzio per la ripartizione della spesa. Non si hanno notizie sull’esito della vicenda.
Il 21 aprile 1922, di seguito alla proposta del Comando di acquistare una scala a “coulisse” da 24 m. nuova, viene invece acquistata una scala a coulisse di 24,50 m. usata e dismessa (!!) dal Corpo di Bologna. Ovviamente la spiegazione sta nella differenza di prezzo tra i due mezzi: L. 7.500 per l’usato di fronte a L. 27.000 per il nuovo!
Non siamo riusciti a conoscere molto di più relativamente alle attrezzature ma, comunque, se qualcuno sarà in grado di darci ulteriori notizie saremo ben felici di completare questa pagina in modo da renderla più esauriente possibile per chi legge.
Ripreso dal sito dell'Associazione Nazionale dei Vigili del Fuoco - sez. Perugia, che si ringrazia per la disponibilità.
(testo e immagini liberamente estratti dalla pubblicazione edita nell’anno 1971 dal Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Perugia in occasione del centenario dell’istituzione del Corpo dei Pompieri di Perugia)
L’organizzazione degli interventi del “Corpo dei Civici Pompieri” di Perugia
Al suo primo formarsi, nel 1871, il Corpo di Perugia era composto di 25 unità di cui 18 “Pompieri effettivi” e 7 “Guardie Municipali Pompieri”. I Pompieri effettivi, un po’ come i Vigili dei Distaccamenti Volontari dei giorni d’oggi, non effettuavano turni di guardia in caserma bensì svolgevano i loro abituali mestieri e vivevano nelle proprie abitazioni. I loro indirizzi (sia delle abitazioni che dei luoghi dove svolgevano i loro mestieri) erano riportati in un elenco posto nel Corpo di Guardia e nell’Arsenale (come veniva allora chiamata la caserma) siti al centro della città.
Le Guardie Municipali Pompieri, invece, erano obbligate a essere presenti di giorno all’interno della cerchia urbana (dove prestavano il loro servizio) e di notte, a turno, presso il Corpo di Guardia sito, come ancor oggi, nel Palazzo dei Priori.
Non esistendo all’epoca né telefoni né altri mezzi di comunicazioni rapide per il servizio di allarme ci si avvaleva, di notte, anche delle Guardie Daziarie. Le porte daziarie erano complessivamente 11 (S.Pietro, S.Croce, Sole, S.Angelo, Conca, Bulagaio, S.Margherita, Eburnea, Elce, S.Susanna, S.Antonio) integrate da 2 Casotti (Carmine e Fontenovo).
Quindi, se il sinistro avveniva entro la cerchia delle mura o, di giorno, anche fuori di tale cerchia, chi voleva segnalarlo si doveva rivolgere direttamente alle Guardie Municipali che, come detto, prestavano servizio di giorno praticamente nei pressi del Palazzo Comunale (si consideri che all’epoca il centro cittadino all’interno delle mura era di dimensioni enormemente limitate) e di notte presso il Corpo di Guardia dello stesso palazzo.
Se, invece, il sinistro avveniva di notte fuori della cerchia delle mura in una delle varie frazioni di Perugia, chi voleva segnalarlo, trovando le porte daziarie chiuse, faceva la propria segnalazione ad una Guardia Daziaria la quale si avviava rapidamente verso il Corpo di Guardia per trasmettere l’allarme alle Guardie Municipali Pompieri presso il Corpo di Guardia. La stessa Guardia Daziaria andando verso il centro provvedeva ad avvertire i Pompieri Effettivi i cui indirizzi si trovavano lungo il percorso (infatti anche le Guardie Daziarie conoscevano gli indirizzi dei Pompieri).
Le Guardie Municipali provvedevano ad avvertire il Comandante il quale, valutata per quanto possibile l’entità dell’intervento, decideva se detto intervento dovesse essere eseguito dalle Guardie Municipali Pompieri e da quei Pompieri Effettivi avvertiti dalla Guardia Daziaria – e che nel frattempo si erano radunati presso l’Arsenale – o se dovessero intervenire anche altri Pompieri i cui indirizzi erano fuori del percorso della Guardia Daziaria allarmante e che, quindi, non erano stati ancora avvertiti. Il compito di avvertire gli altri Pompieri era affidato alle Guardie Municipali.
Allorchè tutto il personale necessario era radunato presso l’Arsenale, il Comandante dava l’ordine di partenza. Se l’intervento doveva essere effettuato al di fuori del territorio comunale in aiuto a qualche altra città, la partenza doveva, però, essere autorizzata dal Sindaco.
Certo, abituati ai diversi e rapidissimi mezzi di comunicazione dei giorni d’oggi, verrebbe quasi da sorridere di fronte ad un sistema così macchinoso e lento ma, se pensiamo che si era alla fine dell’800, dobbiamo invece rendere onore a quegli uomini che, di fronte ad una tecnologia che poco o niente loro offriva, avevano organizzato il massimo che era loro possibile a quei tempi anche se ciò significava affrontare grandissime difficoltà.
Teniamo presente che le strade del centro abitato di Perugia erano tutte in salita e quindi già, per prima cosa, possiamo immaginare il notevole impegno fisico che veniva richiesto alle Guardie Daziarie ed ai Pompieri per raggiungere in tempi brevi l’Arsenale che si trovava in uno dei punti più alti della città.
Ma non basta! Quando si sviluppavano incendi nell’ambito della città poiché, nei primi tempi, i Pompieri non avevano in dotazione dei cavalli (ma avrebbero dovuto chiederli in prestito alla “Società dell’Omnibus”) accadeva che, per guadagnar tempo, il carro pompa veniva trainato a mano dagli stessi Pompieri che, in tal modo, dovevano sostenere un ulteriore grande sforzo fisico già prima di iniziare il pesante lavoro di spegnimento (basta pensare che la pompa era azionata a forza di braccia!).
Quando, poi, dopo qualche tempo i Pompieri poterono avere la possibilità di utilizzare dei cavalli di proprietà del comune sorsero altre difficoltà legate al fatto che le stalle dove si trovavano tali cavalli erano distanti dall’Arsenale e quindi il loro utilizzo comportava un’ulteriore perdita di tempo.
Ma quali erano allora i tempi di risposta di questo sistema? Dai rapporti di intervento si è potuto accertare che, per interventi nell’ambito della città, tra l’allarme e la partenza del carro (chiamato “treno da città”) dall’Arsenale intercorreva in media un tempo intorno ai 15 ÷ 20 minuti. Ovviamente, detto intervallo diventava notevolmente più lungo (intorno ai 30 ÷ 40 minuti) quando gli interventi si effettuavano fuori dalla cerchia delle mura ed occorreva, quindi, perdere ulteriore tempo per attendere l’arrivo dei cavalli ed il loro aggiogamento al carro (chiamato, in questo caso, “treno da campagna”).
Come si vede i tempi erano piuttosto lunghi se rapportati a quelli che abbiamo oggi ma, a quei tempi, rappresentavano una notevole velocità di risposta e, quindi, di efficienza del sistema. Tanto più che tali tempi diventano poi quasi insignificanti se confrontati con quelli lunghissimi con cui giungeva ai Pompieri la segnalazione del sinistro dal momento del suo verificarsi. Sono stati documentati dei casi in cui la segnalazione del sinistro (accaduto in comuni limitrofi) avvenne dopo diverse ore dal fatto perché trasmessa con un messaggero a piedi o, anche, a mezzo telegramma!
Ripreso dal sito dell'Associazione Nazionale dei Vigili del Fuoco - sez. Perugia, che si ringrazia per la disponibilità.
(testo e immagini liberamente estratti dalla pubblicazione edita nell’anno 1971 dal Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Perugia in occasione del centenario dell’istituzione del Corpo dei Pompieri di Perugia)
Le difficoltà finanziarie del “Corpo dei Civici Pompieri” di Perugia
Purtroppo, allora come adesso, nonostante il gravoso impegno, le capacità fisiche e professionali nonchè le grandi responsabilità richieste ai Pompieri, le risorse finanziarie messe a disposizione dall’Amministrazione erano veramente irrisorie specie se si considera che i pompieri, per effettuare gli interventi ed i servizi loro richiesti, dovevano interrompere le loro abituali attività o mestieri che, in genere, erano piuttosto qualificati e ben retribuiti. La suddetta “parsimonia” dell’Amministrazione può ben evidenziarsi da alcuni esempi (tratti sempre dalla pubblicazione commemorativa del centenario della fondazione del Corpo edita a cura del Comando di Perugia nel 1971):
– Paghe trimestrali corrisposte nell’anno 1871: “Comandante: L. 75 – Capo: L. 31 – Vice Capo: L. 25 – Comune: L. 22,50”. A tali introiti (che a paragone di quanto i pompieri ricavavano dall’esercizio dei loro normali mestieri, potevano equipararsi a semplici “rimborsi spese”) si aggiungeva un’indennità giornaliera di L. 4 nei soli casi di intervento o di servizio.
– 3 agosto 1872: lettera dell’Assessore Pucci con cui si chiede di “…cessare le esercitazioni dei Pompieri Comunali che avvenissero con l’acqua a causa di una certa scarsezza della medesima…”. Anche allora la siccità d’estate era l’argomento ricorrente!!
– novembre 1873: Ordine della Giunta con cui si dispone che “… Il 14 c.m. anniversario del Politico Risorgimento venga fatta una manovra nella Piazza Vittorio Emanuele consistente nello spegnimento di un finto incendio. Si raccomanda che la spesa complessiva non superi le L. 50…”.
– 9 gennaio 1878: la Giunta respinge la richiesta del Comandante per installare l’illuminazione a gas dell’Arsenale con la motivazione di “…eccessiva spesa nella perizia n.149 dell’Ing. del Gaz…”.
– 2 settembre 1913: la Giunta respinge la richiesta del Comandante di installare targhette di marmo indicanti le bocche di incendio al fine della loro chiara individuazione specie in caso di neve “… causa grave spesa di L. 450 …”.
– 8 luglio 1915: in una lettera inviata al Comune dal Comandante Carattoli, questi giustifica il ritardo dell’intervento per incendio presso il Cinema Eden con la scarsa efficienza del sistema di chiamata a “voce” e sollecita l’istallazione del telefono almeno presso la propria abitazione richiesta inutilmente varie volte a partire dal 1908, anno in cui il servizio telefonico urbano era stato municipalizzato. La richiesta anche questa volta fu respinta per mancanza di fondi. Per vederla accolta dovettero trascorrere altri 10 anni con richieste regolarmente respinte fino al 10 maggio 1925 quando, finalmente, la Giunta deliberò l’allacciamento alla linea urbana del telefono nell’abitazione del Comandante.
– 25 ottobre 1918: la Giunta delibera l’aumento delle paghe ai Pompieri. Le nuove paghe annuali sono: “Comandante: L. 350 – Maresciallo: L. 320 – Sergente: L. 200 – Comune: L. 150.”. L’indennità giornaliera sale a: L. 6!
– 21 aprile 1922: dopo aver a lungo discusso, la Giunta reputa troppo alta la spesa di L. 27.000 per l’acquisto di una nuova scala a coulisse di 24 m. e ripiega su una “scala a coulisse di 24,50 m. usata e dismessa (!!) dal Corpo di Bologna al prezzo di L. 7.500”.
– 26 novembre 1926: il Comandante presenta alla Giunta, a seguito di incarico da essa ricevuto, un progetto particolareggiato di ristrutturazione del Corpo nel quale, tra l’altro, si evidenzia la necessità di istituire un servizio permanente di guardia presso l’Arsenale suddividendo i pompieri in 5 squadre che avrebbero dovuto, a turno, effettuare in modo continuo il servizio sia diurno che notturno. Ciò avrebbe ovviamente comportato la drastica riduzione dei tempi di intervento che erano, in genere, la causa più frequente di lamentele. La Giunta prende atto positivamente del rapporto ma, visto che esso comporterebbe un aumento annuale di spesa di L. 13.000, non delibera alcunchè in merito rinviando ogni decisione al momento della compilazione del bilancio preventivo del successivo anno 1927. Naturalmente, come siamo abituati spesso a vedere anche ai giorni d’oggi, non se ne fece più nulla negli anni seguenti. Solo nel dicembre 1929 la Giunta approvò un servizio permanente di guardia solo notturno con 4 pompieri pronti alla partenza. Ci volle, poi, la guerra del 1939 per poter finalmente avere una reperibilità continua dei pompieri in caserma per tutto l’arco delle 24 ore con la conseguente enorme riduzione dei tempi di intervento che scesero di colpo dai consueti 15 ÷ 40 minuti ai 30 ÷ 60 secondi!
Ripreso dal sito dell'Associazione Nazionale dei Vigili del Fuoco - sez. Perugia, che si ringrazia per la disponibilità.
(testo e immagini liberamente estratti dalla pubblicazione edita nell’anno 1971 dal Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Perugia in occasione del centenario dell’istituzione del Corpo dei Pompieri di Perugia)
Alcuni nomi di uomini del “Corpo dei Civici Pompieri” di Perugia
Purtroppo attualmente la scarsa documentazione a nostra disposizione non ci consente di ricordare, come sarebbe giusto, tutti i nomi di coloro che nel corso degli anni hanno fatto parte di questa gloriosa organizzazione.
Pertanto dobbiamo limitarci a citare solo alcuni nominativi che siamo riusciti a conoscere dal materiale a disposizione. Sono nominativi che provengono da stralci di ordini di servizio, di rapporti di intervento, di lettere ed altri documenti che sono serviti al Comando Vigili del Fuoco di Perugia per redarre, nel 1971, una bella pubblicazione in occasione del centenario dell’istituzione del Corpo di Perugia.
Nel riportare qualcuno di tali stralci nei quali vengono citati alcuni nomi, intendiamo comprendere tra tali nomi anche tutti gli altri che non siamo riusciti a conoscere ma che, alla pari dei colleghi citati, hanno contribuito con i loro sacrifici e con il loro lodevole e gravoso lavoro a far meritare al Corpo apprezzamenti ed elogi da parte di tutti, Autorità e cittadini.
Proprio per tale motivo ci piace riportare alcuni stralci di decorazioni e elogi per lodevoli comportamenti o atti di valore di cui per ora siamo potuti venire a conoscenza.
– 2 aprile 1891: Elogio e gratificazione ai Pompieri Falomo Carlo e Galliani Camillo ”per aver coraggiosamente fermato i cavalli dell’Omnibus che imbizzarriti stavano per investire due donne in Corso Vannucci…”
– 8 marzo 1917: un Decreto Luogotenenziale concede alcune medaglie per l’opera svolta dal 20 gennaio 1915 al 10 febbraio 1915 da 12 Pompieri di Perugia nelle zone di Rieti e dell’Aquila dove avevano operato in aiuto dei colleghi del luogo a seguito di forti scosse sismiche che avevano provocato gravissimi danni a persone e strutture.
Oltre alla medaglia d’argento al Corpo di Perugia, vennero concesse 2 medaglie d’argento al Comandante Manlio Carattoli ed al Pompiere Nicolini. Vennero, inoltre, concesse 11 medaglie di bronzo al Brig. Picchi Casimiro, al CapoSquadra Papini Ruggero ed ai Pompieri Ermini Alessandro, Picchi Guido, Mari Francesco, Scota Umberto, Bettoni Antonio, Vigilanti Britanno, Bora Filippo, Zanetti Piero, Gambini Giuseppe.
Ripreso dal sito dell'Associazione Nazionale dei Vigili del Fuoco - sez. Perugia, che si ringrazia per la disponibilità.
(testo e immagini liberamente estratti dalla pubblicazione edita nell’anno 1971 dal Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Perugia in occasione del centenario dell’istituzione del Corpo dei Pompieri di Perugia)
La “Compagnia dei Pompieri” di Foligno
Sin dal 1300 il compito di spegnere gli incendi (ed anche di intervenire in altri sinistri) era affidato alle cosiddette “Guardie del Fuoco” che altro non erano che gruppi di artigiani individuati nei diversi quartieri i quali erano obbligati dal Comune ad intervenire per primi al momento in cui si verificava l’evento calamitoso. Una precettazione in piena regola compensata da premi e gratifiche non proprio lauti. Il coordinamento della squadra era affidato ad un “architetto” che dirigeva le operazioni e decideva se far intervenire o no squadre di altri rioni o quartieri. L’allarme, ovviamente, non poteva essere dato se non dal suono a distesa delle campane della chiesa più vicina al luogo del sinistro.
I miseri compensi (che, peraltro, incidevano notevolmente sulle casse del Comune, considerato l’elevato numero di incendi che si verificavano) provocarono con l’andar del tempo una serie di proteste che rimanevano sempre inascoltate, anzi, nel 1850 il Governatore riteneva opportuno precisare che “in tutte le circostanze di pubblici infortuni, muratori, impiegati e la Pubblica Forza erano obbligati ad accorrere ed a prestare l’opera in vantaggio del pubblico senza pretesa di pagamento”. Al che, ovviamente, fu replicato dall’opposta parte, che gli incendi non erano eventi incontrollabili o punizioni divine e, quindi, potevano essere combattuti in modo professionistico con uomini e mezzi adatti.
Finalmente, nella seduta del Consiglio Comunale di Foligno del 17 agosto 1862 venne posta all’ordine del giorno la proposta di “provvidenze per l’istituzione di un servizio gratuito di Pompieri e stanziamento di relativo fondo per l’acquisto degli opportuni attrezzi”. L’Assessore, Dr. Alessandro Remoli, facente funzioni di Sindaco Presidente, dopo aver fatto rilevare la frequenza degli incendi che provocavano “…aggravio puranco della Cassa Comunale per la spesa di qualificazioni agli accorrenti ed altro…” proponeva di “…scegliere fra i Militi della Guardia Nazionale dodici individui adatti ed onesti, i quali istruendosi nel maneggio della Pompa, dovessero accorrere ad ogni primo cenno d’incendio, destinandogli un Capo-istruttore e direttore dei lavori”. E per far rilevare la convenienza dal punto di vista economico aggiungeva che il servizio era praticamente “…gratuito, concambiandosi con quello della Guardia Nazionale, ma però da remunerarsi annualmente”. In altre parole, prendendo già questi signori lo stipendio della Guardia Nazionale, essi non sarebbero venuti a costare nulla (salvo i premi annuali) e si sarebbero risparmiati i gravosi compensi che venivano erogati agli artigiani “precettati” che fino ad allora erano stati impiegati per quel servizio.
Dopo ampia discussione i presenti, all’unanimità, approvarono la proposta con la sola clausola di stanziare il fondo occorrente per l’acquisto degli utensili nel bilancio del successivo anno 1863 nominando subito, inoltre, una Commissione di tre Consiglieri per redigere un apposito Regolamento “…con la base delle spese che potranno occorrere…”.
A conferma del fatto che l’istituzione della Compagnia era ispirata essenzialmente a motivi economici più che a necessità di miglioramento dei servizi, il Comune subito dopo stabilì anche che l’opera dei Pompieri non fosse gratuita e pertanto coloro che a causa di un incendio avessero avuto bisogno dell’intervento di spegnimento avrebbero dovuto rimborsare le spese per i compensi ai Pompieri. Naturalmente ciò sollevò molte proteste da parte di tanti ma, come spesso succede anche nei tempi attuali, il Comune fece “orecchie da mercante” e mantenne quanto deliberato.
Nacque, così, ufficialmente la “Compagnia dei Pompieri” della città di Foligno che operò brillantemente ed efficacemente nonostante le ristrettezze economiche ed i miseri compensi.
Non abbiamo potuto reperire notizie sull’entità precisa delle paghe e dei premi percepiti dai Pompieri ma si sa per certo che essi erano (come anche nelle altre città…) assai poco remunerativi rispetto al grande e pericoloso impegno loro richiesto. A ciò, però, fa da contraltare il fatto che era pur sempre un lavoro continuativo in un epoca in cui ciò costituiva un vero e proprio privilegio.
La “Compagnia dei Pompieri” operò, così organizzata fino al 1912, anno in cui venne aggregata al Servizio di Pubblica assistenza “Croce Bianca”.
Ripreso dal sito dell'Associazione Nazionale dei Vigili del Fuoco - sez. Perugia, che si ringrazia per la disponibilità.
(testo liberamente estratto dal libro “Angeli con l’elmetto – I Vigili del Fuoco di Foligno” di Aldo Mencarelli e Gilberto Scalabrini stampato nel giugno 2003 a cura delle Edizioni PromoEdit di Foligno)
Dalla “Sezione dei Pompieri” della Croce Bianca al Distaccamento VVF del Comando di Perugia
Nel 1906 venne deciso di istituire un servizio di pubblica assistenza e in pochi mesi nacque
l’Associazione di Pubblica Assistenza “Croce Bianca” con tanto di Statuto, regolamento e Consiglio Direttivo. Il servizio iniziò a funzionare in modo egregio tanto che nell’aprile 1912 si decise di aggregare alla Croce Bianca la Sezione dei Pompieri.
Gli interventi dei Pompieri rimasero sempre a pagamento e quindi continuarono a registrarsi le consuete proteste e polemiche da parte di coloro che ricevevano le prestazioni e, di conseguenza, dovevano sobbarcarsi l’onere delle spese. Più di uno, per non pagare, affermava di non aver richiesto il servizio oppure criticava e denigrava l’intervento sostenendo (molto spesso in malafede) ritardi nell’intervento, incapacità, mancanza di coraggio o quant’altro servisse a tentare di evitare lo sborsamento di quattrini.
La Sezione dei Pompieri, nonostante le difficoltà dovute ai soliti problemi d’ordine economico continuò a svolgere egregiamente l’opera iniziata dalla “Compagnia dei Pompieri” fino al 10 ottobre 1935 quando, a seguito della legge che istituiva i Corpi Provinciali, divenne, come gli altri corpi di civici pompieri, Distaccamento Provinciale del Corpo Provinciale di Perugia lasciando la vecchia sede della Croce Bianca di Largo Federico Frezzi e trasferendosi nel fabbricato di Via Nazario Sauro, ex fabbrica di mattonelle di Angelo Morettini, artigiano nonché pompiere volontario.
Ed in quell’edificio (che poi nell’anno 1970
fu completamente rimesso a nuovo e ristrutturato) i Pompieri, lasciato il loro glorioso appellativo per essere chiamati “Vigili del Fuoco” e divenuti dipendenti dello Stato, rimasero per moltissimo tempo ancora fino ai primi anni del nuovo millennio quando si trasferirono nel nuovissimo edificio costruito ad hoc nell’area del Centro di Protezione Civile di Foligno.
Ripreso dal sito dell'Associazione Nazionale dei Vigili del Fuoco - sez. Perugia, che si ringrazia per la disponibilità.
(testo liberamente estratto dal libro “Angeli con l’elmetto – I Vigili del Fuoco di Foligno” di Aldo Mencarelli e Gilberto Scalabrini stampato nel giugno 2003 a cura delle Edizioni PromoEdit di Foligno)
L’organizzazione e le attrezzature dei Pompieri di Foligno prima della nazionalizzazione del Corpo
Precedentemente alla costituzione della Compagnia dei Pompieri l’organizzazione del servizio antincendio (affidato ad artigiani “precettati”) era praticamente nulla. Alla notizia del verificarsi di un incendio che si diffondeva per lo più a voce da rione a rione o, quando andava bene, tramite le campane della chiesa più vicina, gli artigiani – pomposamente chiamati “Guardie del Fuoco” – lasciavano il loro lavoro per recarsi al luogo di raccolta dove prendevano il mezzo per recarsi sul posto dell’incendio. Il mezzo non era altro che un carro-pompa leggero trainato a mano (se l’incendio era vicino) o un carro a cavalli (se l’incendio era lontano).
Di fronte a tale primitiva organizzazione è facile immaginare quanto spesso il servizio risultasse poco efficiente e quante proteste provocasse da parte dei cittadini ed anche delle povere Guardie del Fuoco costrette a figuracce ovviamente poco gradite e spesso anche a dover subire offese non solo verbali.
Proprio sulla base delle proteste diffuse in tutta la città si fece strada l’esigenza di una migliore organizzazione che comportasse almeno l’istituzione di un gruppo di pompieri “professionisti” attrezzati ed organizzati per operare in modo più efficace là dove era richiesto il loro intervento.
E questa esigenza (legata, per la verità, anche alla necessità di ridurre le considerevoli somme da corrispondere agli artigiani-pompieri) fu, appunto la causa dell’istituzione della Compagnia dei Pompieri nel 1862.
I pompieri, diretti da un Capo istruttore e direttore dei lavori, ebbero subito la necessità di ammodernare i carri d’intervento ormai vetusti ed inadatti a svolgere il loro servizio. Ma le disponibilità economiche del Comune non permettevano di scegliere il meglio che offriva il mercato. Si pensi che una ditta di Firenze chiedeva per una pompa semplice montata su carro ben 9.000 lire mentre una ditta di Torino per la stessa attrezzatura ne chiedeva circa 1.000 lire di più. Alla fine si finì per sceglier di acquistare da una ditta genovese, al prezzo di poco meno di 200 lire, una economica pompa barellabile – e quindi trasportabile anche a mano – da mettere in caso di necessità anche su un carro fatto costruire localmente ad uno dei tanti “facocchi” ( = costruttori e riparatori di carri) operanti a Foligno. Da tener presente che la pompa era del tipo semplice per cui doveva essere alimentata con secchi colmi d’acqua attraverso la classica catena umana!
Dopo qualche anno dall’istituzione della Compagnia il Comune riuscì a dotare i pompieri anche di una bella divisa blu con bordi rossi con giberna, pennacchi e cinturone con moschettone e piccozzetta. Il Comandante, in più, era dotato di sciabola e stivaloni. Tutti erano dotati anche di elmetto in cuoio nero con cresta di metallo.
La creazione di un gruppo di pompieri dedito esclusivamente a tale mestiere causò certamente un netto miglioramento dei servizi considerato il fatto che i pompieri nel tempo libero dagli interventi provvedevano ad addestrarsi, a riparare i mezzi ed a dedicarsi alla manutenzione delle attrezzature. Ciò fece in modo che, col tempo, alle proteste degli anni passati subentrassero gli elogi della gente e della stampa.
Il progresso tecnologico sempre avanzante fece sì che nel 1885 i pompieri ebbero il primo carro a motore per il trasporto di scale, secchi, corde ed altri attrezzi. La novità non fu subito bene accetta specie tra i pompieri più anziani molti dei quali tendevano a fidarsi più del cavallo trainante il carro-pompa piuttosto che del nuovo mezzo che poteva raggiungere la “folle” velocità di ben 35 km/ora.
Successivamente, dopo la trasformazione della Compagnia in Sezione dei Pompieri nell’ambito della Pubblica Assistenza “Croce Bianca” fu provveduto nel 1920 all’acquisto di un moderno autocarro (che, insieme ad una autolettiga, venne a costare la ragguardevole somma di 55.295,25 lire!).
Successivamente nel 1926 il Consiglio della Croce Bianca, tramite un mutuo acceso presso la Cassa di Risparmio, provvide a dotare la Sezione di una moderna motopompa in sostituzione della ormai vetusta pompa a mano fino ad allora impiegata. Ciò, ovviamente, comportò un notevole salto di qualità nelle prestazioni dei pompieri con conseguente logico miglioramento del livello di considerazione da parte dei cittadini e delle Autorità. Il che, però, non servì a far migliorare le retribuzioni economiche dei pompieri nell’ambito di una delibera della Giunta Provinciale amministrativa del 1927 che riconosceva ai pompieri una nuova forma giuridica ed un nuovo accordo contrattuale!
E tutto continuò a marciare su questa linea di stretta economicità fino alla nazionalizzazione del Corpo del 1941 (e, purtroppo, anche dopo…!).
Ripreso dal sito dell'Associazione Nazionale dei Vigili del Fuoco - sez. Perugia, che si ringrazia per la disponibilità.
(testo liberamente estratto dal libro “Angeli con l’elmetto – I Vigili del Fuoco di Foligno” di Aldo Mencarelli e Gilberto Scalabrini stampato nel giugno 2003 a cura delle Edizioni PromoEdit di Foligno)
Il “Corpo dei Pompieri” di Spoleto
Il Corpo dei Pompieri di Spoleto venne ufficialmente istituito con una delibera del Consiglio Comunale del 7 luglio 1888. Quel giorno, in seno al Consiglio Comunale le discussioni furono piuttosto accese non tanto perché non si riconoscesse la grande utilità di una tale Organizzazione quanto per i notevoli costi che essa avrebbe comportato. Alla fine prevalse la convinzione che il contributo al miglioramento della vita sociale apportato dal Corpo ben valeva un sacrificio economico, per cui la delibera venne adottata all’unanimità.
La delibera prevedeva che il Corpo fosse posto “sotto la diretta dipendenza dell’Autorità Municipale” e fosse composto dal Comandante, da n°2 Pompieri di 1° Classe, n°6 Pompieri di 2° Classe, n°4 Pompieri allievi e n°6 Aspiranti.
Già da allora si riteneva, come ancora oggi ai nostri tempi, che l’esercizio di alcuni mestieri costituisse un requisito preferenziale per il lavoro di pompiere. Diceva, infatti, l’ordinanza:
“…I Pompieri comuni, gli Allievi e gli Aspiranti verranno prescelti fra gli individui che esercitino mestieri aventi qualche rapporto colla natura dell’istituzione, quali ad esempio i Muratori, i Fabbri, i Falegnami …”
Ma ciò che colpisce favorevolmente è che si badasse non solo alle capacità professionali bensì anche a qualità morali che purtroppo al giorno d’oggi vediamo poco richieste nei bandi di concorso pubblici. Diceva, infatti, ancora l’ordinanza:
“…Dovranno saper leggere e scrivere ed essere dotati di quelle qualità morali che sole valgono a procacciare al Corpo dei Pompieri la piena fiducia delle Autorità e dei cittadini …”
Per quanto riguarda il servizio che si richiedeva ai Pompieri, l’ordinanza lo condensava in poche righe:
“…Scopo principale dell’organamento del Corpo anzidetto è di provvedere all’estinzione degli incendi.
Esso dovrà inoltre prestare servizio in tutti gli altri disastri che si avessero a verificare, come ad esempio frammenti e rovina di fabbricati, inondazioni, malattie epidemiche, ecc. ed in ogni qualvolta infine l’Autorità Municipale ordinasse servizi sia di pubbliche feste che di solennità…”
E più avanti, in un altro articolo, si dice:
“…Tutte le volte che i teatri sono aperti al pubblico ed in occasione di altri pubblici spettacoli in locali chiusi dovrà intervenire un picchetto di Pompieri…” Ed ancora: “…Gli impresari o quelle altre persone per cui interesse o cura si dà luogo allo spettacolo saranno tenuti a darne avviso al comandante dei Pompieri il giorno innanzi e in casi speciali non meno di sei ore innanzi al principio dello spettacolo ed a pagare l’indennità competente agli uomini componenti il picchetto…” Il che sta a significare che i servizi teatrali di vigilanza a pagamento non sono certo un’invenzione dei giorni nostri…!
E, come se non bastasse, ai Pompieri si va anche a ridurre il tempo libero festivo:
“…Nel duplice scopo della manutenzione del materiale e della istruzione del personale avranno luogo le manovre ed esercitazioni del Corpo dei Pompieri almeno due volte al mese nei giorni festivi. Tanto i Pompieri effettivi che gli allievi, come gli aspiranti, sono strettamente tenuti ad intervenire a tutte le dette esercitazioni…”
E, mentre l’Amministrazione Municipale nell’assegnare onerosi compiti ai Pompieri appare più che prodiga, al contrario la stessa Amministrazione, quando si tratta di determinarne le retribuzioni, si dimostra nei loro confronti più che parsimoniosa tanto da far apparire come lauti compensi le pur misere paghe percepite dai loro colleghi di Perugia (di cui diciamo nelle pagine ad essi dedicate). Gli assegni annui attribuiti ai Pompieri spoletini sono, infatti:
“Comandante: L. 240 (a Perugia: L. 300) – Capo Squadra: L. 120 (a Perugia: L. 124) – Pompiere di 1° Classe: L. 80 – Pompiere di 2° Classe: L. 50 (a Perugia: L. 90 per i pompieri comuni)” – Allievi: L. 30 – Aspiranti: L. 6 (!!).
Ad onor del vero, si deve, però, dire che l’ordinanza prevedeva anche delle competenze orarie speciali “in caso d’incendio o di soccorso per disastro” e precisamente:
“Prima Ora – Lire: 2,00 per gli Ufficiali, 1,00 per i Pompieri di 1° Classe, 0,80 per quelli di 2° Classe e 0,40 per gli Allievi e Aspiranti. Per la 2° ora e le successive detti compensi scendevano rispettivamente a Lire 1,00, 0,80, 0,60 e 0,40.
E’ doveroso, però, aggiungere che nonostante le scarse retribuzioni e la carenza dei mezzi e delle risorse poste a disposizione del Corpo, i pompieri spoletini si dedicarono al loro lavoro con passione ed entusiasmo tali da meritare numerosi elogi riuscendo a portare brillantemente a termine interventi anche di grande onerosità e difficoltà.
Nel 1895 l’Amministrazione municipale decise di modificare il Regolamento del Corpo per meglio regolamentare i servizi di spegnimento a seguito dell’installazione degli “apparecchi della nuova conduttura forzata” vale a dire degli idranti.
A seguito di ciò Il Corpo venne sciolto e ne venne ricostituito uno nuovo che prevedeva, oltre al Comandante (alle dirette dipendenze di un Ingegnere Comunale) 3 Capisquadra, 1 pompiere magazziniere, 4 pompieri di 1° classe ed 8 pompieri di 2° classe. Era previsto il sussidio delle guardie municipali per il servizio d’ordine durante gli interventi nonché quello dei cantonieri di città e dei netturbini per i trasporti delle macchine.
La spesa degli stipendi annui veniva portata a complessive L. 1680, però in tale spesa non era previsto alcuno stipendio per gli aspiranti! Ma una novità interessante e, in un certo senso, anticipatrice dei tempi stava nel fatto che l’Amministrazione Comunale si accollava le spese di un canone annuo di assicurazione sulla vita per tutti gli appartenenti al Corpo.
Diversi anni più tardi, ed esattamente il 2 gennaio 1923, il Commissario Prefettizio preposto all’amministrazione provvisoria del Comune deliberò un nuovo scioglimento del Corpo e la sua ricostituzione con nuovi elementi nonché un aggiornamento del Regolamento.
Il Corpo dei Civici Pompieri svolse la sua opera fino al 10 ottobre 1935 quando, a seguito della legge che istituiva i Corpi Provinciali, divenne Distaccamento Provinciale del Corpo Provinciale di Perugia. E qualche anno dopo, ed esattamente nel 1938, con un Regio Decreto la vecchia (ma carica di onori) parola “Pompieri” venne sostituita dal nuovo termine “Vigili del Fuoco”.
Ripreso dal sito dell'Associazione Nazionale dei Vigili del Fuoco - sez. Perugia, che si ringrazia per la disponibilità.
(testo e immagini liberamente estratti dalla pubblicazione “Pompieri a Spoleto” di Giuseppe Guerrini stampata nell’anno 1988 da “Arti Grafiche Panetto & Petrelli” in occasione del centenario dell’istituzione del Corpo dei Pompieri di Spoleto)
I Comandanti del “Corpo dei Pompieri” di Spoleto
Il primo Comandante del Corpo dei Civici Pompieri di Perugia fu l’Ing. Antemiro Bianchi, ingegnere comunale, che rimase in carica fino a maggio del 1893 allorchè presentò le sue dimissioni.
La Giunta Municipale, a seguito delle dimissioni dell’Ing. Bianchi, con delibera del maggio 1893 affidò l’incarico di Comandante al Caposquadra Nazareno Conti che rimase in carica per diversi anni. Sulla esatta durata del periodo di comando di Conti non abbiamo precise notizie per mancanza di documentazioni; sappiamo solo con certezza che nel maggio 1914, quando si celebrò il venticinquennale della costituzione del Corpo, egli era ancora il Comandante dei pompieri spoletini.
Per quanto riguarda i successori di Conti non abbiamo purtroppo molte notizie. Sappiamo solo da alcune documentazioni che nel 1927 il Comandante era il Geom. Alberto Ricordi e che nel 1940, quando ormai il Corpo dei Pompieri di Spoleto era diventato Distaccamento Provinciale del Corpo Provinciale di Perugia venne nominato Comandante del Distaccamento stesso il Geom. Angelo Giannini.
Ripreso dal sito dell'Associazione Nazionale dei Vigili del Fuoco - sez. Perugia, che si ringrazia per la disponibilità.
(testo e immagini liberamente estratti dalla pubblicazione “Pompieri a Spoleto” di Giuseppe Guerrini stampata nell’anno 1988 da “Arti Grafiche Panetto & Petrelli” in occasione del centenario dell’istituzione del Corpo dei Pompieri di Spoleto)
L’organizzazione e le attrezzature del “Corpo dei Pompieri” di Spoleto
Per quanto riguarda l’organizzazione e le attrezzature del Corpo in merito al servizio d’intervento, possiamo descriverne alcune caratteristiche ricavandole da documenti originali dell’epoca riportati da Giuseppe Guerrini nella bella pubblicazione “Pompieri a Spoleto” edita nel 1988 in occasione della celebrazione del centenario della costituzione del Corpo. Pertanto trascriveremo di seguito alcuni passi di tali documenti da cui potremo ricavare come lavoravano i pompieri spoletini dell’epoca.
Una prima notizia riguardo l’organizzazione possiamo già reperirla nella delibera di costituzione del Corpo del 7 luglio 1888 dove agli Artt.13 e 14 viene testualmente detto:
“…Sviluppatosi un incendio dovrà darsi l’avviso nel magazzino delle macchine presso il quale avranno l’abitazione uno o più Pompieri da prescegliere dalla Giunta Municipale ed ove sarà posto lo stemma del Comune con la scritta Pompieri…”
“…I pompieri che saranno destinati ad abitare presso il magazzino godranno gratuitamente dell’abitazione e non dovranno allontanarsene durante la notte…”
Quindi, già nella delibera di istituzione del Corpo si intravedeva il tentativo di avere una specie di Corpo di Guardia sempre attivo sia di giorno che di notte. Ma, come spesso accade, evidentemente alle parole non seguirono immediatamente i fatti tant’è che, in una relazione del Comandante Antemiro Bianchi scritta quasi un anno dopo la delibera, e cioè nel marzo 1889, si legge:
“…Il nobile scopo della formazione di un Corpo di Pompieri è la garanzia della proprietà e della vita degli individui in caso di disastri perciò perché esso possa corrispondere alle esigenze conviene sia provveduto di un edificio, adatto come è prescritto nel Regolamento, all’abitazione di due membri del Corpo, al magazzeno delle pompe e carri e di altro ambiente per la custodia degli accessori….e di più occorrerebbe uno spazio scoperto per le esercitazioni…”. Il che vale a dire che ad un anno quasi dalla costituzione il Corpo non disponeva ancora di una sede!!
Ed, oltre alla mancanza di una sede, il Comandante Bianchi nella stessa relazione enunciava una lunga serie di altre carenze e necessità che rendevano difficile l’opera dei pompieri:
“…l’edificio dovrà essere munito…di un mezzo col quale all’occorrenza i custodi di esso possano con sollecitudine dare l’allarme ai componenti l’intero Corpo e sebbene sia prescritto che il segnale sia dato dalla campana municipale pure non sarebbe male se si adoperasse il telefono, meglio una sonagliera elettrica…”. Il che vale a dire che, in caso di sinistro richiedente l’intervento dei pompieri, l’allarme veniva dato dalla campana municipale azionata a distesa..
E, da quanto scrive Bianchi, possiamo ritenere che anche per quanto riguardava le divise poco si era ancora fatto:
“…il Corpo…deve essere vestito con uniforme che lo distingua e tale vestiario dovrà essere di doppia specie, cioè quello portabile nelle ore di servizio e di pulizie ed altro per servizi speciali di spettacoli…”
Una cosa che lascia un po’ perplessi è il fatto che, relativamente al copricapo, Bianchi scrive:
“…Il Pompiere dovrà coprirsi del berretto quando lavora mentre in servizio speciale si coprirà dell’elmo…”. Il vedere l’elmo come elemento di accessorio estetico e non come un mezzo protettivo (nell’intervento, secondo Bianchi, bastava il berretto…) appare in netto contrasto con il nostro concetto corrente di elmetto quale equipaggiamento indispensabile di protezione.
Ed anche sulle attrezzature il Comandante Bianchi ha qualcosa da ridire:
“…Perché il Corpo dei Vigili possa agire con sicurezza ed efficacia conviene che sia munito di tutte le macchine ed utensili necessari, cioè prima che ogni altro delle pompe che siano aspiranti e prementi.…e di più perché l’acqua non venga dispersa dall’aria che deve attraversare, conviene corredare le dette pompe con tubi di tela innestati con maniche di metallo da innescarsi a lunghezze diverse” (in parole povere, “con manichette”)… Parlando delle pompe sebbene siano di una forza e di un getto limitato pure nonostante le esistenti…sono sufficienti all’attuazione del Corpo ma mancano però dei suddetti tubi dei quali si ha inevitabile bisogno nelle condizioni attuali in cui si trova la città e cioè scarsezza d’acqua e di prese….” E visto che non ci sono i tubi almeno “…conviene fornire i secchi sia di tela sia di zinco per la formazione delle catene, onde eseguire la provvista di acqua non potendosi adottare i tubi…”
E, sempre a proposito di attrezzature, continua Bianchi: “…Per i Vigili salitori sarebbe necessaria la provvista di una scala a carro da allungarsi a varie altezze ma…il sottoscritto non ne propone per ora l’acquisto avuto riguardo alle condizioni finanziarie (sempre il solito “punto dolens”!) ed all’utilità di provvedere prima al più necessario; ma le scale, tanto le più comuni, quanto quelle ad innesto dette Romane, tanto quelle ad arpioni, quanto le scale a corda sono NECESSARISSIME…”
Ed ancora: “…Necessita poi per l’attuazione del salvataggio i sacchi, le barche, le carrucole e grande copia di corde….Per il trasporto del materiale provvedere i carri necessari ed adatti…”
“…sarebbe anche necessario un quarto (carro) armarlo di botte per la provvista di acqua, ma siccome questo dovrebbe essere tirato da forza animale specialmente nella nostra città, per ora non se ne fa la proposta…Siccome il Municipio non può nell’anno in corso effettuare l’acquisto del materiale, non avendo in bilancio la suddetta somma, il sottoscritto propone che siano fatte le trattative necessarie con case fornitrici perché subito possano dare negli anni avvenire al pagamento e su ciò si propone di trattare con il Sig. DOTT. VALLE direttore del GIORNALE il “VIGILE DI ROMA”…” Parole, queste, che lasciano trasparire un po’ di rassegnazione del povero comandante di fronte alle difficoltà finanziarie ma una gran voglia di non arrendersi tale da spingerlo a fare speranzose proposte per superare il problema in un prossimo futuro.
Ripreso dal sito dell'Associazione Nazionale dei Vigili del Fuoco - sez. Perugia, che si ringrazia per la disponibilità.
(testo e immagini liberamente estratti dalla pubblicazione “Pompieri a Spoleto” di Giuseppe Guerrini stampata nell’anno 1988 da “Arti Grafiche Panetto & Petrelli” in occasione del centenario dell’istituzione del Corpo dei Pompieri di Spoleto)
Un interessante parallelo tra i Pompieri di Roma e di Spoleto alla fine dell’800
Nel dicembre 1895 il Comandante Nazareno Conti fu inviato a Roma al fine di studiare l’organizzazione del Corpo della capitale e trarne spunto per cercare di migliorare quella dei pompieri spoletini. Al suo ritorno egli redasse una dettagliata relazione dalla quale è possibile ricavare interessanti notizie sul funzionamento dei due Corpi e trarne spunto per confrontarli tra loro. Riportiamo qui di seguito alcuni brani della suddetta relazione.
Già dalle prime righe emerge uno spaccato della situazione del Corpo di Roma non certo rispondente a ciò che ci si aspetta da un’organizzazione pompieristica di una grande città:
“…Non si può negare un ordine perfetto in quei quartieri in cui giovani volenterosi e baldi convengono pronti al sacrificio della loro vita….nè può disconoscersi la perizia, la valentia dei provetti capi….ma purtroppo nella mia debolezza di criterio con quel più di esperienza pratica che nella vita di pompiere ò avuta, son costretto di affermare che i mezzi di cui dispongono i Vigili di Roma sono insufficienti e nello stesso tempo retrogadi ai portati civili onde una Capitale andar dovrebbe superba…”
E subito appresso Conti rincara la dose: “…I magazzini sono al completo: lì si trovano macchine ed attrezzi di ogni specie….Ma a che pro? Posta per un momento l’osservazione sulle varie diramazioni della conduttura dell’acqua di Roma facilmente si può notare che tutti gli attrezzi dei quali dispongono i Vigili se non sono insufficienti, si rendono quasi inutili. Il perché è presto detto: prima di tutto le bocche d’incendio sia nelle vie, come nei pubblici ritrovi non sono così spesse da poter fornire acqua alle pompe,…primo perché per alimentare una pompa a vapore occorre una quantità di acqua maggiore di quella di cui si può disporre della bocca d’incendio, in secondo luogo poi, perché è assolutamente impossibile rinvenire una corrente…”.
Subito dopo, però, Conti si affretta a precisare: “…non voglio arrivare all’assurdo di dover sentenziare che Roma sia in una infelice condizione,…no, giacchè ò detto che vi è difetto, ma non difetto assoluto: meglio si potrebbe regolare sì il servizio per i Vigili…”
Ma qualcuno può pensare: “c’è poca acqua nelle condutture però per fortuna a Roma c’è il Tevere”. Ma Conti pronto risponde: “…Invano si farebbe l’obiezione…affermando di aver nel TEVERE che attraversa la Città, una risorsa alla mancanza accennata di acqua”. E qui Conti si lancia in una precisa spiegazione tecnica: “…Ognuno sa che il pescaggio delle pompe comuni ai Vigili à il suo effetto ad una profondità che vacilla frà i sette ad otto metri circa. Il Tevere à la sua minima altezza di quindici metri onde chiaro si deduce che nessuna operazione di pressione di acqua con le pompe puossi fare in questo fiume…” Vale a dire: l’acqua del Tevere è tanta ma i pompieri non riescono ad usufruirne!
Dopo di ciò, Conti si lascia andare ad un confronto tra i due Corpi da cui emerge che, pur nella grossa disparità di risorse, c’è anche qualcosa che la Capitale può invidiare alla piccola città umbra: “…E mentre qui nella piccola Spoleto chiamati per un incendio, sebbene in pochi riusciamo ad attivare un servizio efficace, a Roma invece mestieri è che accorrano sul luogo del disastro in numero quadruplicato i Vigili. E con macchine delle quali noi facciamo sempre a meno…”
Ma come mai i pompieri di Spoleto anche se in pochi e con meno macchine riescono a far meglio? La spiegazione sta, secondo Conti in “quella ragione di difetto di forza idraulica superiormente specificato” quando si parla del problema delle pompe di Roma. E chiarisce: “…Noi ci troviamo in condizioni affatto inverse a quelle di Roma; ed invero chiunque si ponga a visitare la distribuzione delle condutture d’acqua e la postura delle bocche d’incendio facile ne ritrae la convinzione che agevolato riesca il lavoro di salvataggio. La gran quantità di acqua disponibile, la pressione forte di cui è dotata, le bocche d’incendio sì spesse e ben disposte costituiscono i tre maggiori coefficienti per cui il servizio da noi richiesto riesca pronto, spedito ed efficace.”. Visto il vantaggio che ciò porta in termini di “risparmio di macchine ed economia di personale” appare chiaro il perché spesso “…è accaduto in questa Città (Spoleto) applicato un tubo alla bocca e disposto un servizio ad esso di pochi uomini siamo riusciti a domare in breve con un sol getto d’acqua l’elemento divoratore…Senza tema di errore affermo che se entro questo ambiente (cioè l’interno della città) si riducesse l’azione nostra vòi per il numero dei Pompieri, vòi per il disponibile del nostro Magazzino il nostro stato nulla avrebbe a desiderare..”
Ma allora, vien da pensare, i pompieri spoletini, pur nella pochezza delle risorse a disposizione sono in una situazione migliore di quella dei loro colleghi romani? No, perché i problemi si manifestano quando ci sono da affrontare interventi fuori dal territorio urbano.
Spiega Conti: “…purtroppo le facilitazioni che nell’interno di Spoleto abbiamo, ci vengono a mancare allorchè siamo chiamati fuori. Lì vi à duopo di pronto soccorso, lì dove non abbiamo più le bocche d’incendio né la quantità di acqua a forte pressione della quale ricchi siamo a Spoleto, conviene trovare rifugio nelle cisterne in qualunque conserva d’acqua per poter poi applicare la pompa dandole alimento; e perciò fare non basta un manipolo di Pompieri ma tutte indistintamente le forze del corpo vanno messe in azione”.
E continua: “…Di frequente ci siamo trovati in disagio perché abbiamo dovuto sopperire con strenue fatiche alla deficienza dei mezzi dei quali disponiamo in magazzeno. La prima difficoltà che ci si presenta….è il problema di dover trasportare sul luogo del disastro le macchine ed il bagaglio degli accessori. Noi non possediamo un carro veramente adatto….Se pure ci siamo ridotti a valerci alcuna volta di quel carro che in magazzeno trovasi le nostre energie fisiche si consumarono totalmente nelle difficoltà incontrate nel tirarlo e rimanemmo esausti, quando con ben più ragione si reclamava la nostra attività e speditezza…”. Vale a dire: se ai Pompieri chiediamo di sopperire alla mancanza di cavalli con il dispendio di energie sovrumane, come si fa poi a chiedere loro di fare bene il loro mestiere?
Oltre a quella del carro, affiora poi un’altra carenza già denunciata dal primo Comandante Bianchi nella relazione inviata al Sindaco circa un anno dopo la costituzione del Corpo (già riportata da noi nel precedente paragrafo) e cioè quella dei tubi. Citando come esempio il caso di un incendio verificatosi tempo prima presso uno stabilimento, Conti dice: “…si è dato il caso che…la lunghezza del tubo di tela non fosse tale da portare l’acqua fino al punto dove le fiamme divampavano; ed allora imbarazzatissima divenne la nostra posizione, poiché ci venne meno il primo elemento e più necessario, l’acqua. Né possiamo ridurre a regola l’istintivo ritrovato di cui facemmo uso…; il congiungere i tubi vecchi con i nuovi non sempre riesce né è un lavoro che possa compiersi in breve….e non si deve sfruttare la preziosità del tempo per cose che non siano strettamente inerenti ad opere di salvataggio”.
Per i motivi sopra esposti Conti fa osservare “l’alto bisogno che si à di corredare il nostro magazzeno di una quantità maggiore di tubi, di un carro che, alla circostanza contenga quanto ci sia di necessario per un servizio fuori di Spoleto e di una piccola pompa per pozzi…”
E qui Conti si lancia in un’ardita e ottimistica previsione affermando che “in tal guisa il magazzino dei Pompieri di Spoleto può sostenere il confronto con quello dei vigili non pur di Roma, ma di qualunque Città italiana”.
Subito dopo, però, riaffiora la disparità col Corpo di Roma allorchè Conti passa a trattare dell’organizzazione interna: “Certo è che impotenti siamo a sostenere una gara con i Vigili di Roma, poiché essi a quell’unico ufficio sono adibiti e vivono reclutati nei loro quartieri con una disciplina che fa ricordare quella dei militari. Essi son là che attendono la voce di chi li chiama e pronti sempre al soccorso. Con gli apparecchi telefonici poi possono ricorrere in caso di urgenza all’appello dei loro colleghi che siano da loro lontani”. In altre parole i pompieri di Roma esercitano il loro mestiere a tempo pieno, con presenza costante in caserma, con un’organizzazione paramilitare e usufruendo dei preziosi vantaggi in fatto di risparmio di tempo offerti loro dagli apparecchi telefonici.
Ed a Spoleto, invece? “A noi invece conviene picchiare all’uscio dei singoli componenti il Corpo perché si raccolgano e si portino dove la sciagura à colpito…”
Questo dà lo spunto per concludere la relazione con un suggerimento che è una vera e propria richiesta: “Per maggior previdenza, ed utilità di tempo, ò avuto il pensiero di suggerire alla S.V. l’idea di mettere una soneria elettrica nel quartiere nostro in communicazione colla casa del custode e del campanaio del Comune. Due vantaggi se ne ricavano: primo quello di dare subito l’avviso di un incendio ai Pompieri, secondo quello di procurare più speditamente che sia possibile il convegno degli stessi nel quartiere”.
In altre parole il povero Conti (così come poco prima aveva richiesto un carro ma non i cavalli!) non si azzarda nemmeno lontanamente di chiedere l’installazione di una linea telefonica ma si accontenta di una semplice soneria elettrica (già invano richiesta qualche anno prima dal suo predecessore comandante Bianchi) a suo parere sicuramente più accessibile alle misere finanze dell’Amministrazione Municipale.
Ripreso dal sito dell'Associazione Nazionale dei Vigili del Fuoco - sez. Perugia, che si ringrazia per la disponibilità.
(testo e immagini liberamente estratti dalla pubblicazione “Pompieri a Spoleto” di Giuseppe Guerrini stampata nell’anno 1988 da “Arti Grafiche Panetto & Petrelli” in occasione del centenario dell’istituzione del Corpo dei Pompieri di Spoleto)