Salta al contenuto principale

Storia

La storia dei Vigili del fuoco ha radici millenarie. La sua nascita si può far risalire all’istituzione della Militia Vigilum dell’Imperatore Augusto. Da allora, attraverso l’evoluzione di nuove professionalità e dalle esperienze spesso nate durante e a seguito di gravi eventi calamitosi, il Corpo Nazionale è diventato, per come lo conosciamo oggi, un vero e proprio unicum nel panorama internazionale dei Vigili del Fuoco.

Il Corpo Pompieri, distinto in Corpi provinciali alle dipendenze del Ministero dell'Interno, fu istituito con D.L. 10 ottobre 1935, n. 2472.

I Corpi provinciali erano organismi dipendenti dalle Province, dalle quali venivano amministrati.

Successivamente, con la legge 1021 del giugno 1938, fu introdotta la denominazione di "Vigile del Fuoco" in sostituzione di "pompiere".

Con il Regio Decreto 27 febbraio 1939 n. 333, il Corpo pompieri assumeva la denominazione di "Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco".

Con la Legge n. 469 del 13 maggio 1961 i Vigili del Fuoco diventano statali, attuando un nuovo tipo di organizzazione, tuttora esistente negli aspetti fondamentali.

Sono soppressi i singoli Corpi provinciali e si istituisce un unico Corpo nazionale a carattere civile, che viene suddiviso in Comandi provinciali, Distaccamenti e Posti di vigilanza, secondo la vecchia disposizione dei Corpi provinciali.

Vengono istituiti gli Ispettorati regionali e interregionali, con compiti di coordinamento dei Comandi provinciali.

Con la Legge n. 850 del 27 dicembre 1973 scompaiono le vecchie denominazioni di origine militare del personale permanente operativo, che vengono sostituite con altre, più attinenti al servizio civile.

Con la Legge n. 930 del 23 dicembre 1980 viene istituito il Servizio Ispettivo Antincendi Aeroportuale e Portuale, suddiviso in tre Ispettorati, rispettivamente per l'Italia settentrionale, l'Italia centrale e la Sardegna, e per l'Italia meridionale e la Sicilia.

Con la Legge 24 febbraio 1992 n. 225 il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco diviene componente fondamentale della Protezione Civile, della quale fanno parte anche le Forze armate, le Forze di polizia, il Corpo forestale dello Stato, la Croce Rossa italiana, le Organizzazioni di volontariato ecc. 

In seguito allo sviluppo del paese i compiti attribuiti ai Vigili del Fuoco diventano sempre più complessi e differenziati, fino a che con D.Lgs. 8 marzo 2006 n. 139, relativa al "Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco" si stabilisce che: "Il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, è una struttura dello Stato ad ordinamento civile, incardinata nel Ministero dell'interno - Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, per mezzo del quale il Ministero dell'interno assicura, anche per la difesa civile, il servizio di soccorso pubblico e di prevenzione ed estinzione degli incendi su tutto il territorio nazionale, nonché lo svolgimento delle altre attività assegnate al Corpo nazionale dalle leggi e dai regolamenti, secondo quanto previsto nel presente decreto legislativo."

La storia del Corpo

Per saperne di più ...

Roma antica

A Roma, l'incendio ed i crolli erano una vera e propria consuetudine.

Piu' che il fuoco sacro custodito nel Tempio di Vesta, in città erano tristemente conosciute le fiamme dei roghi che divoravano le case e la vegetazione.

Non mancavano, infatti, i materiali che innescavano ed alimentavano gli incendi: il legno era ampiamente impiegato nei pavimenti, nei solai e nelle coperture degli edifici, mentre, nelle case, ardevano i camini a legna.

Le fiamme, inoltre, ardevano costantemente nelle cucine e le torce illuminavano le strade.

A tale situazione si aggiungeva, nei luoghi dei sinistri, la costante mancanza di acqua, nonostante la presenza in città di diversi e maestosi acquedotti, che ve ne adducevano grandi quantità.

Non esistevano, infatti, colonne montanti di acqua che la portassero oltre il piano terreno dei grandi fabbricati (insulae), costituiti da tre a quattro o cinque piani e, di conseguenza, quando un incendio scoppiava a quei livelli era molto difficile che pochi orci o catini potessero bastare a domarlo.

Tra questi grandi roghi, che culmineranno nel famoso e catastrofico incendio sviluppatosi nell'anno 64 d.C. sotto l'imperatore Nerone (54-68 d.C.) e nell'altro, non meno distruttivo, avutosi durante il principato di Commodo (182-195 d.C.) la vita a Roma era un fiammeggiare quotidiano di roghi minori; per cui il poeta satirico Giovenale Decimo Giunio (55-130 d.C.) poteva sospirare: "ah, quand'e' che potrò vivere dove non ci siano sempre incendi e dove le notti trascorrano senza allarmi", mentre un insigne studioso di storia dell'Urbe, il Carcopino, ricorderà che sotto Traiano, "pur cosi' attento alla sicurezza dell'Urbe l'incendio era monnaie courante nell'esistenza dei romani".

Fin dai tempi piu' remoti dell'epoca repubblicana, per salvaguardare le città dai pericoli e dalle conseguenze degli incendi erano designati alcuni "triumviri" che, dal fatto di espletare l'incarico anche di notte, vennero chiamati "triumviri notturni".

Per disporre di uomini pronti al soccorso, in caso di incendio, fin da quei tempi si era distribuita, come riferisce il giureconsulto Paolo Diacono, una compagnia di servi pubblici alle porte ed alle mura della città, affinchè all'occorrenza potesse prontamente accorrere sul luogo del sinistro.

A tale compagnia, opportunamente dislocata nel territorio, si aggiungeva poi l'iniziativa privata, che poteva organizzare compagnie di servi.

Avveniva, inoltre, che i cittadini facoltosi, celebrando qualche festa nei loro sontuosi palazzi, non solo avessero cura di tener pronti grandi recipienti pieni d'acqua per qualunque bisogno ma, come racconta Giovenale, disponessero anche di far vegliare l'edificio tutta la notte da parte di comagnie di servi forniti delle attrezzature necessarie per spegnere eventuali incendi.

L'Impero di Augusto

Quanto poco efficace potesse riuscire l'opera di simili istituzioni presenti nell'Urbe ai tempi della Repubblica per combattere gli incendi e' dimostrato dal successivo radicale interesse posto al riguardo nell'epoca dell'Impero.

L'imperatore Cesare Ottaviano Augusto (33 a.C. 17 d.C.) organizzo' una vera e propria militia vigilum.

Lo scopo essenziale dell'istituzione della milizia augustea fu non solo quello di prevenire e reprimere gli incendi ma anche quello di punire direttamente o di deferire al Prefetto dell'Urbe chiunque per incuria e negligenza, rendesse possibile o provocasse incendi.

Inoltre, era anche demandato alla militia vigilum il compito di ricercare la causa degli incendi e di individuarne e fermarne gli autori o chi aveva maldestramente custodito il fuoco usato nelle case sia come fonte di calore che come mezzo di illuminazione.

Per sovraintendere a tali incombenze i vigiles erano opportunamente equipaggiati ed acquartierati in apposite caserme centrali e in corpi di guardia o caserme decentrate (excubitorii), distribuiti prevalentemente presso le porte della cinta muraria dell'Urbe.

La militia vigilum, posta sotto il comando di un preafectus vigilum era formata da 7 coorti di 1.000 vigili suddivisi in 10 centurie ciascuna con a capo un tribuno I vigili, addestrati all'uso delle armi e degli arnesi del mestiere, avevano il compito di spegnere e prevenire gli incendi, di reprimere la delinquenza, di vigilare e perlustrare la città di ammonire gli inquilini e di tutelare il patrimonio dei cittadini.

I vigili prestavano servizio sia di .giorno che di notte.

I vigili erano acquartierati in stazioni la cui ubicazione, secondo il Richter, era la seguente:

seguente:

  • I Coorte, nella regione VIII (via Lata) responsabile anche della IX regione (Circo Flaminio).

  • II Coorte, nella regione V (Esquilino), responsabile anche della III (Fisis et Serapis).

  • III Coorte, nella regione VI (Alta Semita), responsabile anche della IV (Templum Pacis).

  • IV Coorte nella regione XII (Piscina Publica) responsabile anche della XIII (Aventinus).

  • V Coorte, nella regione II (Coelimontana), responsabile anche della I (Porta Capena).

  • VI Coorte, nella regione VII (Forum), responsabile anche della X (Palatinum).

  • Vll Coorte, nella regione XIV (Trans Tiberim), responsabile anche della XI (Circus Maximus).

Rispetto all odierna topografia di Roma, e' stato possibile localizzare alcune testimonianze archeologiche pervenuteci delle sedi della militia vigilum della Roma antica.

La Caserma della Prima Coorte e' risultata essere nel pieno centro.

Nella zona sotto Piazza SS. Apostoli furono infatti rinvenuti e sono tuttora interrati i resti dell' edificio, ove era anche la sede del Comando di tutte le Coorti.

La Caserma della Seconda Coorte doveva trovarsi, invece, secondo quanto affermato dell'archeologo Lanciani, in area prossima alle odierne Via Cairoli e Via Bixio, presso la Via Principe Eugenio, nella zona limitrofa a Piazza Vittorio Emanuele.

Disgraziatamente di tale caserma non si hanno resti archeologici.

Il sito e' stato individuato grazie ad epigrafi, a suo tempo rinvenute La Caserma della Terza Coorte, in base al rinvenimento di una lastra marmorea, trovata nel 1873 durante alcuni scavi presso l'angolo nord-est del complesso delle Terme di Diocleziano e' stata localizzata nell'attuale Piazza dei Cinquecento, in luogo antistante la Stazione.

La Caserma della Quarta Coorte analogamente si deve supporre, in base ad iscrizioni rinvenute che si trovi al di sotto della zona prossima all'odierna chiesa di S. Saba sul colle Aventino.

La Caserma della Quinta Coorte, identificata ed esplorata: risulta ubicata sul colle Celio, nella Villa Mattei, ora Villa Celimontana, facente parte del patrimonio della Amministrazione Comunale di Roma.

La Caserma della Sesta Coorte, individuata dall'archeologo Lanciani, risulta avere ubicazione al di sotto della Piazza della Consolazione, presso l'omonima chiesa sita ai piedi del Campidoglio.

La Caserma della Settima Coorte non risulta essere stata mai identificata.

Tuttavia nel 1867 durante alcuni scavi nella zona Transtiberina, vennero rinvenuti dei resti di un edificio riconosciuti in un primo momento quale sede di tale Coorte dei Vigili.

Successivamente pero' gli stessi vennero attribuiti alla sede di un distaccamento dei Vigili (excubitorium) grazie a specifiche iscrizioni ivi trovate su alcune pareti.

Tali resti, ora riportati alla luce si trovano nella zona tra Via della Lungaretta e Via dei Genovesi, di fronte alla Chiesa di S. Crisogono.

La caserma dei Vigili di Ostia Antica, sede di un distaccamento della Settima Coorte venne scoperta nel 1888, nel corso di scavi, dal Prof. Lanciani.

Oggi e' possibile visitarla, nell'area archeologica di quell'insediamento romano, tra Via dei Vigili , Via della Palestra e Via della Fontana.

Gli statuti comunali

Con l'avvento dei Comuni si emanarono statuti ed editti per prevenire gli incendi e organizzare personale che provvedesse alla loro estinzione.

La difesa dagli incendi era affidata, in modo piu o meno organizzato e riconosciuto, all'intera cittadinanza e alle Arti e Corporazioni che, per motivi di lavoro, erano in possesso degli strumenti ed attrezzi adatti.

Gli Statuti comunali non dimenticano di punire i piromani che nelle lotte tra opposte fazioni incendiavano le case degli avversari mentre l'accusa di aver provocato un incendio era valido motivo per espellere dalla città tutti i personaggi scomodi alle fazioni contrarie.

Nell'ambito dell'organizzazione sociale del Comune il divampare del fuoco diventa un pericolo sempre maggiore con l'aumentare delle attivita' economiche.

Nel 1267 la Comunita' di Reggio Emilia decreta che chiunque bruci volontariamente la casa o il raccolto di qualcuno sia arso dal fuoco.

Con gli Statuti del 1311 e del 1501 viene stabilito poi che i colpevoli di incendio doloso vengano impiccati e i loro cadaveri dati alle fiamme. I latitanti, invece, saranno banditi perpetuamente dalla citta' e i loro beni confiscati.

Il reato di incendio volontario resta equiparato a quello d'omicidio e chi viene sorpreso ad appiccare il fuoco potra' essere giustiziato sul posto. Colui che invece da' involontariamente alle fiamme un bene altrui e' tenuto a corrispondere al proprietario un risarcimento monetario proporzionale all'entita' del danno arrecato.

Nel caso di un incendio il cui autore fosse rimasto sconosciuto il danneggiato, secondo altra disposizione emanata a Reggio Emilia nel 1582 poteva farne denuncia entro otto giorni al Podesta' ed una Commissione appositamente incaricata dal Comune avrebbe accertato i fatti e stabilito l'entità del danno subìto. Il risarcimento era a carico dei fondi raccolti con una contribuzione obbligatoria degli abitanti del luogo. Lo statuto comunale di Ferrara del 1288 prescriveva di usare per i tetti delle abitazioni tegole in luogo della paglia.

A Casal Monferrato, nel XIV secolo una multa di 20 soldi era comminata a chi accendesse il fuoco in abitazioni che non avessero il tetto in tegole e fossero prive di camino.

A Moncalieri, in quell'epoca, viene istituito un corpo di guardia, i cui componenti, chiamati custodi del vento, avevano il compito di vigilare sull'abitato allorche' spirava un vento particolarmente intenso e tale da poter provocare e alimentare incendi. Nel 1344 il Comune di Firenze istituisce la compagnia delle Guardie da Foco che, seppure non completamente, viene a surrogare l'opera di soccorso svolta spontaneamente dai cittadini e dalle Corporazioni artigiane.

Le Guardie avevano la propria sede in quattro botteghe artigiane tenute aperte ininterrottamente. Qui si tenevano pronte ad intervenire con i necessari strumenti. Successivamente il Comune potenzia tale servizio ed istituisce nel 1416 una formazione regolare costituita da quattro squadre di 10 uomini ciascuna assegnate ad altrettanti quartieri della citta'.

La sede centrale della compagnia della Guardia del Fuoco era in una torre nei pressi del Ghetto, sempre presidiata da alcune guardie e nella quale erano immagazzinati i materiali per l'intervento.

Da alcuni Statuti di Reggio Emilia del XIII e XIV secolo si rileva che in quella citta' l'intervento antincendio venne successivamente affidato alla Corporazione dei Brentatori, artigiani il cui mestiere era quello di rifornire di vino ed acqua mediante una brenta, osti e gestori di locande.

Essi erano obbligati, in caso di incendio ad accorrere sul posto portando una brenta di acqua.

La brenta era un recipiente curvo in legno di castagno spalleggiabile mediante bretelle con un peso a vuoto pari a circa 10 Kg. Questa capacita' corrispondeva in Reggio Emilia a circa 72 litri, in Milano a circa a 75 litri ed in Torino a circa 49 litri.

Negli Statuti del 1501 e del 1582 si stabilisce anche che il brentatore non potra' sotto pena di lire cinque di multa allontanarsi dal luogo dell`incendio sinche' questo non sia del tutto estinto.

Reggio e' nel frattempo sempre piu' saldamente sotto il governo della Signoria d'Este (1409), che cessera' dopo l'arrivo dei Francesi nel 1796.

In cambio dell'espletamento del servizio antincendio, il brentatore reggiano godeva di alcune esenzioni: quella dai turni di guardia alla citta' e quella dal prestare servizio militare nelle truppe cittadine.

Analoghe misure risultano dagli Statuti della citta' di Parma, differenti soltanto per l'entita' delle multe e l'unita' monetaria.

I brentatori che stazionano prevalentemente nel centro della citta' in Piazza del Duomo, venivano avvertiti del divampare di un incendio dal suono della campana dell'orologio pubblico detto appunto Fuoghina mentre le fiamme o il fumo venivano segnalati dai Turreani, custodi della torre, alla quale fanno riferimento gli statuti del 1582.

I Turreani erano tenuti a vigilare giorno e notte, alternandosi sulla torre per segnalare ogni possibile pericolo.

Con il trascorrere dei secoli successivi, le popolazioni della penisola, aggregate in Signorie e Repubbliche, Principati e Regni, si trovarono ad essere esposte, pressoche' indifese, non solo alle calamita' naturali ma anche ad incendi sempre più frequenti e rovinosi.

In ciascuno di tali territori, vennero prima maggiormente regolamentate e disciplinate tutte le esistenti aggregazioni volontarie di mutuo soccorso fondate sul principio della reciproca solidarieta' e, successivamente, organizzati appositi contingenti di cittadini in possesso di particolare predisposizione ed esperienza per azioni di intervento di soccorso.

In tempi successivi, in ciascuno dei piu' importanti centri urbani e, comunque, nella capitale di ogni Stato si procedette a destinare unita' dell'esercito all'espletamento del servizio antincendi ovvero ad istituire veri e propri Corpi di Pompieri dotati di divise in foggia militare ed assoggettati ai regolamenti delle truppe e dislocati in proprie sedi.

Il soccorso nel medioevo

Con il declino della potenza militare romana si avviava al tramonto anche la vita economica, culturale e sociale dell'Urbe.

Con le reiterate invasioni barbariche gli incendi divengono eventi abituali.

In questo periodo di razzie e di sconvolgimenti sociali, tutte le funzioni delle istituzioni pubbliche e dell'apparato amministrativo romano versano in decadenza ed a tale generale disfacimento non si sottrae l'organizzazione antincendi allestita a Roma.

La Chiesa pertanto si trovo' ad essere l'unica struttura organizzata in grado di proteggere le popolazioni.

La struttura romana pubblica d'intervento, costituita dalla militia vigilum e' dissolta ormai da tempo e dei suoi vigiles non rimane alcuna memoria.

La gente lotta contro il fuoco, considerato come un castigo o un evento soprannaturale, come le pestilenze e le carestie e spesso si fa ricorso alla fede.

L'incendio sviluppatosi nell'847 nel quartiere romano di Borgo, infatti, si disse spento miracolosamente dal Pontefice Leone IV che, invocando l'Eterno e gettando nel fuoco i propri sacri paramenti, riusci' ad aver ragione delle fiamme.

Verso la fine del 1100, in un periodo di piùu' fervido clima religioso, l'impegno in favore del prossimo assume concreta testimonianza di fede e l'accorrere sul posto in caso di incendio per salvare la vita a un fratello costituisce motivo di beatificazione e glorificazione divina.

L'immaginario collettivo attribui' al fuoco anche un carattere sacro, sia come punizione dei peccati dell'umanità sia nell'ordalia o giudizio divino.

Era questa una sorta di prova della verita' di origine germanica, cristianizzata poi dalla Chiesa e consentita solo in presenza del clero e con un preciso sistema sacramentale.

Riti ordalici erano il passaggio a piedi nudi su carboni ardenti o il passare tra muri di fiamme.

Il mondo medioevale, mondo preso da mille paure ed esaltazioni, mondo in cui la caduta della notte popolava di mille incubi le menti degli uomini, conferiva dunque al fuoco piu' di un ambiguo tributo.

Questa presenza restera' viva e il fuoco purificatore verra' impiegato più tardi nelI'uccisione delle streghe.

Il medioevo in Europa

Istituzioni simili a quelle costituite da Augusto a Roma si ebbero, senza dubbio anche nelle principali citta' dei territori dell'Impero , sia della penisola italiana che dell'Europa e sopravvissero per tempi diversi alla sua decadenza.

Nelle province della Gallia l'esistenza di speciali guardie notturne addette a prevenire ed estinguere gli incendi e' attestata da un decreto promulgato da Lotario II, Re dei Franchi (584-629 d.C.), emanato nel 595. Ma tali istituzioni, anziche' perfezionarsi nel tempo, sembrarono subire un rapido declino gia' dalla fine del sec. VIII.

Il disinteresse piu' completo dell'autorita' politica e civile determino' il sorgere di associazioni private locali, a carattere religioso o laico, le quali, tra gli scopi previsti dai rispettivi statuti, contemplavano il reciproco aiuto contro gli incendi.

Tali associazioni (gilde), prevalentemente composte da mercanti ed artigiani, si formarono cosi' in molte province d'Europa, ormai affrancate dal dominio diretto dell'Impero.

Allorquando pero' esse accrebbero la loro potenza ed influenza, vennero vietate dai vari sovrani.

Cio', tuttavia, non impedi' loro di operare ugualmente, sia pure in forma piu' o meno clandestina.

Dopo la restaurazione ed il consolidamento dell'idea imperiale in Occidente e l'incoronazione nel 799 di Carlo Magno, Re dei Franchi, ad Imperatore del Sacro Romano Impero si ha una ripresa dell'organizzazione sociale e civile nel territorio dell'Impero ed un accenno ad un razionale ripristino di misure di salvaguardia in materia di protezione contro gli incendi, per lungo tempo trascurate.

Non si arriva, pero', all'istituzione di corpi specificamente attrezzati ed acquartierati con il compito di intervenire sul territorio per provvedere allo spegnimento degli incendi.

Nella maggior parte delle citta' gruppi di cittadini venivano designati d'autorita' ed incaricati di vegliare durante la notte sulla sicurezza collettiva.

Venezia nel secolo XVIII

Fino al secolo XVI furono numerose le provvidenze deliberate dalla Serenissima Repubblica di Venezia per combattere gli incendi che colpivano la citta', favoriti dal legno con cui erano costruite le case: nell'anno 418 arse l'isola di Rialto, nel 900 brucio' la Chiesa di S. Raffaele, nel 1106 il fuoco devasto' numerose contrade ed alcune chiese e palazzi.

Numerosi incendi colpirono anche la Chiesa di S. Marco ed il Palazzo Ducale Tra il 1325 ed il 1505 vennero emanate precise disposizioni che obbligavano alcune classi di cittadini a prestarsi all'estinzione degli incendi.

Il Maggior Consiglio aveva deliberato che a Capo Sestriere fossero tenute attrezzature di lavoro e secchie e che i brentatori e le meretrici dovessero provvedere sotto pena di multa ad accorrere con le proprie secchie nei luoghi di ogni incendio.

Il Consiglio dei Dieci poi, aveva istituito squadre di soccorso stipendiate dallo Stato e stabilito che, per ogni contrada, fosse eletto un capo a la reparasion del fuogo, il quale doveva scegliersi 10 uomini tra gli operai dei cantieri navali Si stabili' inoltre anche l'elezione dei facchini, la divisione delle contrade l'obbligo agli abitanti delle contrade confinanti ad accorrere in quella in cui si fosse sviluppato un incendio.

Fu anche disposto che i pievani, responsabili ecclesiastici del distretto amministrato dalla Chiesa, ricevessero e custodissero in deposito numerosi materiali ed attrezzi antincendi al cui acquisto dovevano contribuire i proprietari delle case, tassati in ragione di due soldi per ducato sul canone annuo d'affitto.

Sotto pena di morte, fu anche fatto divieto ai preti ai frati ed alle monache di suonare le campane durante la notte in modo da evitare equivoci.

Gli incendi, infatti, erano segnalati con le campane a martello al cui suono tutte le persone incaricate dovevano prestare la loro opera.

In seguito ad un altro grave incendio che colpi' l'Arsenale, nel 1569 il Consiglio dispose che, al suono della campana, tutte le maestranze dovevano accorrere alla porta e mettersi a disposizione dei Provveditori e Patroni.

Sulla esperienza dei due gravissimi incendi che colpirono il Palazzo Ducale nel 1574 e nel 1577 e che distrussero, tra l'altro, numerose opere d'arte, nel 1650 i Patroni dell'Arsenale ottennero che il Senato autorizzasse la formazione di un Corpo di 45 facchini divisi in due contingenti , di cui uno con residenza in Campo della Tana e l'altro in Campo alle Forne.

Pochi anni dopo, nel 1676, il Senato delibero' d'istituire un corpo permanente di 30 Guardie al Fuoco, che durante la notte dovevano stare in campo della Tana ed accorrere in caso d'incendio.

Dall'esame dei vari provvedimenti si rileva la grande importanza che il governo della citta' attribuiva a questo servizio civico del quale continuava ad occuparsi il magistrato.

Roma nei secoli XVIII e XIX

Dalla decadenza dell'Impero non si hanno notizie certe riguardanti un vero e proprio Corpo dei Pompieri a Roma.

Bisognera' arrivare al 1738, anno in cui il Governatore Filippo Buontolomonte emano' lo statuto dei Vigili romani, i Focaroli, il cui organico ammontava a 45 unita' scelte tra maestri muratori e maestri falegnami e coadiuvati da 20 facchini: dovevano portare, a mezzo di barili, l'acqua sul luogo dell'incendio dove veniva proiettata sul fuoco impiegando otto enormi siringhe, dette schizzatori.

Alle campane delle Chiese era affidato il compito di diffondere l'allarme in citta'.

Poi Napoleone, la conquista dell'Italia ed il carisma che le regie istituzioni d'oltralpe si portavano appresso, tra le spade e i cavalli.

Codici e apparati amministrativi si imitavano sul modello francese, il primo tentativo d'istituzionalizzazione dei servizi antincendi.

Nel 1810, il Barone De Tournon prefetto di Roma, riorganizzo' i vigili facendone un Corpo basato su personale permanente, composto da 25 artigiani.

Restaurato in Roma il Governo Pontificio, il Comando del Corpo venne assunto dal Marchese Origo che introdusse diverse innovazioni nelle attrezzature a disposizione dei vigili, tra le quali anche l'adozione di tute in amianto.

In seguito, il Comando dei Vigili passo' ad altri discendenti della nobilta' romana, tra i quali il Duca di Sermoneta e Michelangelo Caetani, che li diresse per trent'anni (1833-1863).

Nel 1849, durante l'assedio della Repubblica romana da parte delle Truppe Francesi, i vigili fecero prodigi nel reprimere gli incendi provocati dalle granate nelle fascine e nei gabbioni di tutto il sistema di difesa e tre di loro trovarono la morte mentre diciassette rimasero feriti.

Sotto il Pontificato di Pio IX il Corpo dei Vigili aveva in ruolo un Colonnello e 4 Ufficiali di Stato Maggiore mentre ciascuna Compagnia comprendeva 2 ufficiali 5 sottufficiali, 20 caporali, 9 trombettieri e 110 vigili.

Nel 1870, dopo l'entrata in Roma delle truppe italiane, il Corpo adotto' un pregevole elmo da parata, in ottone con cresta, il cui uso si diffuse presso i Pompieri di altre citta' italiane.

I Vigili romani prestarono la loro opera specifica in occasione del completamento dell'edificio della Basilica di San Paolo fuori le mura, riuscendo ad innalzare, in 16 minuti ciascuna, le 10 colonne, del peso di 60 tonnellate l'una, poste all'ingresso del complesso monumentale.

Sala Pastorelli

La Sala Convegni Elveno Pastorelli, è dotata di un impianto video audio e di una tecnologia wireless di altissima qualità.

Vi è inoltre un tavolo mobile che all'occorrenza viene sollevato fino al soffitto, mediante un congegno semplice ed affidabile, per consentire di utilizzare il palcoscenico della sala. Ma il pezzo forte che rende questa sala di estremo interesse, sono gli affreschi del II sec. d.C. allestiti sulle pareti della stessa.

Si tratta degli affreschi, in ottimo stato di conservazione, rinvenuti nel 1933 durante i lavori di costruzione della caserma.

Furono infatti scoperti una serie di reperti, attribuibili ad un complesso di abitazioni private che insistevano sulle pendici del Quirinale, nella zona compresa tra le attuali via Piacenza e via Nazionale.

La buona conservazione degli affreschi era dovuta al fatto che le pareti di questo ambiente furono presto coperte dalla costruzione di un edificio sovrastante, che usò il livello edilizio più antico come fondazione.

Durante i recenti lavori di costruzione e allestimento della sala, grazie al coinvolgimento del Comune di Roma e della Sovrintendenza Comunale, gli affreschi rinvenuti nel 1933 e conservati in un deposito dell'Antiquarium del Celio, sono stati riportati nel luogo del loro rinvenimento, e affissi nelle pareti della Sala Pastorelli.

Uniti agli altri materiali con i quali è stata costruita la sala, legno di rovere, tufo, basalto e cotto, conferiscono all'insieme un armonico disegno che crea una suggestione tutta particolare, rendendo la sala particolarmente adatta per l'organizzazione di convegni, conferenze, presentazioni di libri, celebrazioni prestigiose.

Si sono già svolti all'interno della Sala Pastorelli diversi incontri d'interesse culturale o scientifico, come la presentazione di opere letterarie o lo svolgimento di convegni e conferenze a tema scientifico.

I grandi interventi del CNVVF parte I

Si presentano alcuni esempi di scenari spesso imprevedibili, in cui i VIGILI del FUOCO sono chiamati ad operare, che richiedono un particolare addestramento capace di fronteggiare con successo situazioni di grave pericolosità e di adattamento alle condizioni, a volte estreme, attinenti ad una vasta gamma di rischi che esigono un grande spessore umano.  20 Giugno 1997 - ROMA: In conseguenza di un corto circuito si sviluppa un incendio in uno degli uffici di Palazzo Montecitorio dove ha sede la camera dei dep

Si presentano alcuni esempi di scenari spesso imprevedibili, in cui i VIGILI del FUOCO sono chiamati ad operare, che richiedono un particolare addestramento capace di fronteggiare con successo situazioni di grave pericolosità e di adattamento alle condizioni, a volte estreme, attinenti ad una vasta gamma di rischi che esigono un grande spessore umano.

20 Giugno 1997 - ROMA: In conseguenza di un corto circuito si sviluppa un incendio in uno degli uffici di Palazzo Montecitorio dove ha sede la camera dei deputati. La tempestività dell'intervento dei vigili scongiura i danni più gravi.

I grandi interventi del CNVVF parte II

GrandiInterventi II

15 Luglio 1997 - ROMA: In un deposito giudiziario alla periferia della città un incendio distrugge decine di auto poste sotto sequestro o recuperate dopo essere state spogliate dai ladri. Ingenti i danni.

02 Agosto 1997 - ROMA: Incidente ferroviario nella Stazione Roma Casilina per fortuna senza gravi conseguenze. Infatti solo quattro i passeggeri del treno coinvolto restano feriti.

Inoltre contingenti del Corpo Nazionale del Vigili del Fuoco sono intervenuti, su richiesta dei relativi governi in occasione di calamità verificatesi in Olanda, Grecia, Salvador, Messico, Azzorre, Armenia e Turchia.

I grandi interventi del CNVVF parte III

GrandiInterventi III

04 Settembre 1997 - ROMA: Crollo il solaio di un vecchio edificio in via delle Quattro fontane, nel centro storico della città. Danni limitati ma le verifiche dei Vigili del Fuoco richiedono il momentaneo blocco del traffico.

06 Settembre 1997 - ROMA: Una roulotte prende fuoco in un campo nomadi in via di Centocelle. Due bambini che vi dormivano dentro rimangono carbonizzati perché i soccorritori non riescono a trarli in salvo.

I grandi interventi del CNVVF parte IV

GrandiInterventi IV

11 Settembre 1997 - ROMA: Un incendio di lieve entità divampa a Palazzo Chigi nello studio del Presidente del Consiglio Romano Prodi. Ignote le cause. Tempestività d'azione per lo spegnimento da parte dei Vigili del Fuoco.

Feedback

Questo contenuto è stato utile?