Salta al contenuto principale

5 maggio 1998: la tragedia dell'alluvione di Sarno

Alluvione Sarno 1998
Data di pubblicazione
Categoria
Notizia storica
Anno:
1998

Il 5 maggio 1998, quando ormai da giorni piogge intense e incessanti colpivano la provincia di Salerno, il monte Pizzo d’Alvano a ridosso del comune di Sarno cede alla furia della natura: la montagna si trasforma in un fiume di fango e detriti, oltre 140 frane si abbattono sui comuni di Sarno, Brancigliano e Siano. Gli oltre due milioni di metri cubi di materiale travolgono anche i comuni di Quindici, in Irpinia, e San Felice in Cancello, in provincia di Caserta, e altri centri del salernitano e del napoletano.

Le notizie sono state fin da subito drammatiche: la frazione di Episcopio è completamente distrutta, ci sono black-out diffusi che rendono difficili anche le comunicazioni, abitazioni invase dalla mota, edifici crollati, morti e dispersi ovunque. Chi ha potuto si è messo in salvo sui tetti delle case in attesa di essere soccorso, altri hanno disperatamente cercato i propri parenti. I primi morti e feriti sono trasportati all’ospedale Villa Malta di Sarno.

I movimenti franosi, iniziati alle 15 del pomeriggio del 5 maggio, si susseguono per tutto il giorno, fino a quando in serata si tocca l’apice della tragedia: intorno alla mezzanotte del 6 maggio una frana di enormi proporzioni travolge di nuovo Sarno, si abbatte sull’ospedale Villa Marta, seppellendo sotto il fango medici, infermieri, personale di servizio e cinque pazienti, tra cui due bambini.

In questo scenario di sconvolgente drammaticità l’impegno dei vigili del fuoco fu a tutto campo, con l’intervento anche di mezzi anfibi destinati a portare in salvo decine di persone.
La ricerca dei sopravvissuti tra le macerie fu incessante, così come senza sosta fu la lotta per ritrovare coloro che erano scomparsi sotto la massa di fango.
Un contributo importante fu assicurato dai volontari, che assicurarono la loro opera per oltre 800 ore, scavando e contribuendo a salvare vite umane e a liberare Sarno e Quindici dalla melma.

Gli stessi soccorritori si trovarono in difficoltà e impantanati – è il caso di dirlo – in situazioni critiche. Un Eurofire, un mezzo dei vigili del fuoco, fu travolto dal fango, e il suo autista, il vigile del fuoco Marco Matteucci, rimase a lungo bloccato nell’abitacolo. Estratto infine dai colleghi, fu ricoverato in gravi condizioni all’ospedale Cardarelli, dove poi morì per le ferite riportate.

Per fronteggiare la gravità dell’emergenza furono utilizzati anche gli elicotteri, soprattutto per salvare dall’alto chi si era riparato sui tetti delle case. Nell’occasione, ricordiamo un intervento lungo e delicato di un ragazzo rimasto intrappolato dal fango in una cantina per 72 ore: il giovane fu raggiunto dai vigili del fuoco grazie a un buco aperto nel solaio. Una volta imbracato, fu sollevato e portato via da un elicottero.
Le attività di ricerca e soccorso si concludono l’8 maggio con il salvataggio di un ragazzo sepolto nel fango, l’ultimo dei sopravvissuti alla catastrofe.

Alla fine il bilancio delle vittime fu spaventoso: oltre 160 morti,  di cui 137 solo a Sarno.

La tragedia di Sarno portò a un deciso cambiamento di rotta nell’approccio al rischio, fino ad allora caratterizzato prevalentemente da interventi strutturali e da attività di soccorso e di assistenza, per quanto riguarda il monitoraggio e la sorveglianza degli eventi idrogeologici.
Il Decreto-Legge n. 180 del 1998, noto come “Decreto Sarno”, successivamente convertito nella Legge n. 267 del 3 agosto 1998, ha determinato una risolutiva accelerazione sia delle attività di perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico, sia del potenziamento delle reti di monitoraggio e sorveglianza.

Feedback