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Età napoleonica e Risorgimento

Introduzione

È noto che l'attenzione di Napoleone nei confronti del servizio antincendi scaturì dal grande rogo che distrusse, il 1 luglio del 1810, l'ambasciata d'Austria a Parigi durante la festa organizzata dal principe di Schwarzenberg in occasione del matrimonio di Maria Luisa, figlia del sovrano, con lo stesso Bonaparte.
Le fiamme si svilupparono altissime nella sala da ballo dell'edificio, mentre erano ancora presenti Napoleone e la consorte.
Il disastroso evento, che costò la vita alla principessa di Schwarzenberg, mise in evidenza la carenza organizzativa dei servizi antincendio transalpini dell'epoca.

Gli anni del dominio napoleonico in Italia

Gli ultimi anni del Settecento e i primi del secolo successivo furono per l'Italia densi di avvenimenti.
L'invasione delle armate transalpine e l'introduzione di alcune delle trasformazioni politiche dell'impero napoleonico contribuirono alla diffusione anche nel nostro Paese delle idee fatte proprie dalla Rivoluzione francese.
Contemporaneamente si diffuse un processo di modernizzazione che toccò ogni settore della società.
Le organizzazioni antincendi risentirono in positivo delle trasformazioni in atto e i vari Corpi esistenti furono riorganizzati secondo il modello dei Sapeurs Pompier di Parigi, che Napoleone riformò con decreto del 16 luglio 1810, stabilendo anche l'istituzione di una speciale compagnia di Zappatori.
Quest'ultima era aggregata alla Guardia imperiale, sotto gli ordini del comandante del Genio.
Dopo la caduta di Napoleone, quasi ovunque in Italia si mantennero i Corpi e le compagnie antincendio organizzati secondo il modello francese.
Vediamo ora più nel dettaglio la storia dei corpi dei civici pompieri nel periodo considerato, dall'avvento di Napoleone fino agli anni del Risorgimento e dell'Unità d'Italia.

Nel 1811, a Milano, Eugenio Napoleone di Beaucharnais decretò l'istituzione di una compagnia di zappatori-pompieri di cui facevano parte un capitano, un tenente, una guardia del magazzino, quattro sergenti, 14 caporali e vice caporali e 62 vigili del fuoco.
La sede iniziale era nell'ex convento di Sant'Eustorgio, ma gli uomini della compagnia svolgevano servizi distaccati anche presso la corte del Palazzo Reale, la Commenda di Porta Romana e il Passetto di Porta Comastra.
Inoltre, veniva svolta una sorveglianza attiva durante gli spettacoli nel Regio Teatro alla Scala e alla Cannobbiana.
Nel 1812 la sede passò dal Convento di S. Eustorgio al Locale delle Grazie; da questo, nel 1872, al Locale di S. Gerolamo ed infine, nel 1885, nel fabbricato di via Ansperto.

Nel periodo dell'occupazione francese (1798-1814), le istituzioni torinesi, tra cui il servizio di estinzione degli incendi, subirono notevoli cambiamenti: il Corpo di truppe senz'armi venne soppresso e sostituito con la Compagnia Pompisti.
Nel 1816, due anni dopo la partenza dei francesi, fu ripristinato il Regio Regolamento dal Governatore Thaon Conte di Revel.
Siamo ormai vicini alle nuove possibilità derivate dallo sviluppo industriale e della tecnica che segneranno notevoli progressi per le organizzazioni antincendio.

Nel 1810 il prefetto di Roma De Tourneau e il sindaco don Luigi Braschi organizzarono un corpo di vigili del fuoco composto da 25 artigiani affidati a un ufficiale.
Venuto meno il dominio francese su Roma, si ventilò da più parti l'ipotesi di uno scioglimento del corpo cittadino dei vigili del fuoco, organizzato dalle autorità francesi sul modello di quelli parigini.
Ma papa Pio VII, bandito dall'esercito napoleonico nel 1809 e tornato sul "trono di Pietro" nel 1814, riconobbe l'utilità dell'istituzione e la sottopose all'autorità del governatore e del tesoriere vaticani, entrambi prelati.
La denominazione transalpina dei mebri del Corpo cambiò però da Sapeurs Pompier (zappatore pompiere) in vigili augustali, con esplicito riferimento all'epoca imperiale romana.
Il marchese Giuseppe Origo, confermato al comando del gruppo, si dedicò con passione a migliorare l'efficienza dei suoi uomini per ottimizzarne al massimo le prestazioni in servizio.
Inoltre si occupò di approfondire le origini storiche della guardia permanente contro gli incendi.
In una sua dissertazione presentata nel 1818 presso l'Accademia dei Lincei, il marchese Origo analizzò in dettaglio i materiali e gli strumenti adottati dagli antichi vigili del fuoco romani traendo la convinzione che in quelle epoche remote per estinguere le fiamme venisse usata "acqua fangosa, argillosa, alluminata", o che al suo posto si facesse ricorso a un impasto di aceto e argilla.
Nel corso dei primi anni del suo incarico, ebbe poi più volte occasione di riscontrare che l'assenza delle necessarie attrezzature rendeva difficoltose le operazioni di soccorso ed esponeva gli addetti a situazioni di forte pericolo.
Sulla base dell'esperienza diretta e degli studi condotti, il marchese ideò, insieme al fisico bolognese Giovanni Aldini, delle speciali uniformi di cui dotare i suoi vigili.
Si trattava, come riporta un documento del tempo, di "una tunica di amianto, di una maschera di cartapesta ricoperta di panno e imbevuta di una soluzione di solfato di allumina e calce; sopra, stivali della medesima lana con la scarpa intera e guanti imbevuti di soluzione salina".
Il copricapo, formato da un berretto di lana che copriva anche il collo e le spalle, era imbevuto dello stesso liquido ignifugo.
Tra i numerosi incendi domati dal corpo dei vigili del fuoco della Roma papalina durante il comando del marchese Origo, il più famoso fu quello che distrusse nel 1823 la basilica patriarcale di San Paolo fuori le Mura.
Questo evento ebbe notevole risonanza nell'opinione pubblica, tanto che venne immediatamente avviata un'inchiesta sulle cause del rogo da parte del segretario di Stato vaticano, cardinale Consalvi.

Dopo l'incendio della basilica di San Paolo fuori le Mura le autorità vaticane ritennero indispensabile aumentare il numero dei vigili del fuoco, ma il potenziamento del servizio non diede gli effetti sperati.
Tra il 1825 e il 1832 il Corpo cittadino soffrì, infatti, di un progressivo decadimento per la presenza al suo interno, sempre più consistente, dei cosiddetti soprannumerari, ossia di personale aggiunto scelto per lo più con criteri non dettati dal merito.
Nel 1832, per volere di papa Gregorio XVI, il servizio venne sottoposto all'autorità del monsignore governatore di Roma, in qualità di presidente dell'istituzione.
Alla morte del marchese Origo la carica di colonnello, direttore e comandante del corpo dei vigili del fuoco venne affidata al duca Michelangelo Caetani, che ne mantenne la guida dal 1 dicembre del 1833 fino al gennaio 1864, quando fu poi sostituito dal principe Giovanni Chigi.
Durante il suo mandato il duca Caetani iniziò un lenta ma progressiva opera di miglioramento dell'organizzazione affidatagli.
Nell'arco di quasi trent'anni, cioè per l'intero periodo in cui diresse il corpo antincendio della città, vennero scongiurati più di 1150 roghi di notevoli dimensioni, come risulta dalle statistiche riportate nel Giornale di Roma pubblicato tra il 1883 e il 1864.
Per tale ragione papa Gregorio XVI conferì al nobile una rara onorificenza, la commenda dell'Ordine di Cristo, ed elargì premi ed elogi agli uomini del Corpo.
Nel giugno del 1845 il pontefice fece quindi pubblicare dal cardinale Mattei il primo Regolamento del corpo dei vigili del fuoco di Roma.
Oltre a stabilirne norme e discipline, questo documento definiva la composizione del personale addetto, gli attributi delle figure preposte al comando, l'allestimento di sedi fisse, le attrezzature e i materiali, l'ordinamento del servizio, ecc..
Il Corpo, anche se organizzato secondo un modello militare, era comunque considerato alla stregua di una guardia civile.
Peraltro, qualsiasi istituzione militare, compresi i gendarmi, chiamato a intervenire insieme ai vigili del fuoco in operazioni di soccorso doveva sottostare agli ordini del comandante di questi ultimi.

Il duca Michelangelo Caetani mantenne il comando dei vigili del fuoco di Roma durante la breve esperienza della Repubblica Romana, durata dal 5 febbraio al 4 luglio del 1849, e restò al suo posto anche dopo l'entrata delle truppe francesi in città.
Giuseppe Garibaldi, nelle ultime fasi della Repubblica, chiese a Caetani la collaborazione dei vigili nella difesa di Roma dall'assedio dei francesi.
Nell'occasione l'eroe dei due mondi voleva prelevare con delle macchine idrauliche quanta più acqua possibile dal Tevere per poi scaricarla sulle trincee nemiche, ma a causa di insormontabili problemi tecnici il progetto non venne mai attuato.

Dopo l'annessione di Roma al Regno d'Italia e la caduta del governo pontificio, nel 1870, il principe Giovanni Chigi, comandante dei vigili del fuoco cittadini, rinunciò alla carica e venne sostituito da una commissione provvisoria composta dagli ufficiali superiori del Corpo, rimasta in vigore fino al 22 dicembre di quell'anno.
Venne poi nominato a capo dell'istituzione antincendio il principe Onorato Caetani, figlio del duca Michelangelo, che per trent'anni aveva guidato i vigili dell'Urbe.
Il suo mandato fu però breve: nel settembre del 1872 gli subentrò il cavaliere Vincenzo Gigli, che si impegnò con passione nel riordinamento del servizio per riportare il Corpo alla piena efficienza.
Gigli introdusse numerose innovazioni per migliorare il livello di istruzione degli addetti, garantire la disciplina e rendere regolare l'azione.
Anche le uniformi del personale vennero rinnovate e arricchite dall'elmo da parata, i cui modelli furono in seguito riproposti anche in altre città italiane.
Nel decennio in cui rimase in carica il corpo dei vigili di Roma diede numerose prove di coraggio e abilità anche a livello nazionale.
Alla morte di re Vittorio Emanuele II gli fu poi affidato il servizio di guardia al Pantheon, dove erano state deposte le spoglie del sovrano.
Successivamente, presso la caserma di via Cernaia, vennero custoditi in una vetrina gli attrezzi adoperati dai vigili per tumulare la salma del monarca.
Nel 1881 il ministero della Pubblica Istruzione fece espicita richiesta al corpo dei vigili di Roma di effettuare il restauro della parte superiore del campanile della chiesa di San Mercuriale, a Forlì, risalente all'XI secolo.
Si trattava di un intervento che si presentava estremamente pericoloso e difficile da eseguire.
L'operazione venne magistralmente condotta da due vigili dell'Urbe con l'impiego della scala romana in dotazione al Corpo.
Nel 1882 il colonnello Gigli rassegnò le dimissioni e venne sostituito dall'ingegnere Luigi Ingami.
L'anno dopo la giunta municipale, sotto la presidenza del sindaco Emanuele Ruspoli, presentò al consiglio comunale il Regolamento per la riorganizzazione del corpo dei vigili.
Il documento stabiliva, oltre al mantenimento degli "aggregati", l'assunzione di 60 "accasermati", di tre ufficiali ingegneri e di un ufficiale quartiermastro per l'amministrazione.
In base al Regolamento il personale accasermato veniva considerato i servizio permanente e doveva indossare sempre la divisa, non poteva contrarre matrimonio e aveva diritto a riscuotere una pensione dopo 25 anni di servizio.

Il 28 febbraio 1806 Giuseppe Bonaparte, in nome dell'Imperatore Napoleone I, promulgava un editto nel quale venivano stabilite le misure per prevenire e arrestare gli incendi, e venne creato un Corpo di Pompieri.
Nel 1810 Gioacchino Murat stabilì che l'organico dei vigili locali fosse composto da 48 membri con regolare paga, 20 guardie in soprannumero e 20 allievi non retribuiti.
A loro si affiancavano un Ingegnere e un Quartiermastro segretario, nominati direttamente dal re.
Nel 1815 Ferdinando I abolì il Corpo dei Pompieri aggregandolo alla Compagnia artiglieri artificieri, ma nel 1833 Ferdinando II ripristinò la Compagnia di Pompieri e nel 1853 veniva approvato il regolamento per il servizio degli Ingegneri della Compagnia.
Quest'ultimo decreto chiude l'epoca borbonica del Corpo.
In questo periodo spicca la figura del Comandante Ing. Francesco Del Giudice, autore di numerose pubblicazioni sull'arte pompieristica del suo tempo e promotore di numerose innovazioni, spesso apprese viaggiando all'estero e studiando l'organizzazione e le attrezzature dei pompieri locali.
Il 18 febbraio 1862, dopo la formazione del Regno d'Italia, fu istituito con apposito decreto il nuovo Corpo dei Pompieri.

Un libro del 1844, scritto da Enrico Del Giudice, pose in evidenza il problema degli incendi e della necessità di una Compagnia di Pompieri a Palermo.
Con Decreto reale, dato a Torino nel 1864, venne approvato il Regolamento Organico deliberato dal Consiglio comunale di Palermo con il quale fu abolito il Corpo della Milizia del Municipio e fu istituito il Corpo dei Pompieri-Cantonieri con uno dei compiti relativo a curare l'impedimento e l'estinzione degli incendi mercè l'opera e il buon ordinamento dei mezzi apprestati all'Autorità Municipale e consentiti dalla loro istruzione.
L'organico fu stabilito pari a 125 persone, un terzo delle quali doveva essere costituito da falegnami, muratori, meccanici, fontanieri, attrezzisti da teatro, e il Comandante doveva provenire da un Corpo Tecnico della Armata ed essere Ingegnere.
Ancora nel 1881, in realtà, i servizi antincendio erano garantiti dal Corpo delle Guardie Municipali, al quale era affidata la difesa contro gli incendi e contro i "disastri".
I vertici politici cittadini si resero ben conto della necessità di creare quanto prima un moderno ed efficiente corpo di pompieri, per garantire alla città un servizio antincendi che fosse al passo dei tempi e sapesse rispondere alle esigenze reali di sicurezza dei cittadini.
Fu così che venne indetto, nel 1881, un concorso pubblico grazie al quale Rodolfo Moreno venne assunto al comando del costituendo Corpo dei Pompieri di Palermo.
Rodolfo Moreno era nato a Palermo il 4 ottobre del 1831, aveva compiuto gli studi militari nel Collegio dell'Annunziatella di Napoli, ed era entrato ben presto nelle fila dell'esercito dove aveva percorso rapida e brillante carriera, raggiungendo ancor giovane il grado di Colonnello d'artiglieria.
Aveva preso parte alle campagne per l'indipendenza e l'unità d'Italia, e venne decorato con la medaglia d'argento al valor militare per la liberazione di Roma del 1870.
Fu anche insignito della croce dei SS. Maurizio e Lazzaro (1866) e di quella di Ufficiale della Corona d'Italia (1870).
Una volta assunto nel 1881 al comando dei pompieri di Palermo, a Moreno occorsero circa otto anni per dare un assetto preciso al nuovo corpo, e in particolare per giungere alla definitiva separazione dei servizi antincendi da quelli di polizia municipale che fino ad allora avevano incluso anche i primi.
Inizialmente il neonato Corpo era composto da 50 uomini, e soltanto successivamente, nei primi anni del nuovo secolo, il loro numero venne portato ad 86.
L'opera di Moreno fu importante anche perché riuscì ad ottenere l'impianto di circa mille bocche da incendio lungo la rete idrica della città, e volle fortemente il Regolamento Organico del Corpo, che venne approvato nel 1903.
Nel corso della cerimonia per l'approvazione del Regolamento, il suo corpo volle offrire al Comandante una pergamena così concepita: "Al suo valoroso Comandante Cav. Rodolfo Moreno che dal 1 settembre 1881 messo a comandare il Corpo dei Pompieri Cantonieri, consacrossi al serio sviluppo del servizio incendii e che sostenendo lotte cruenti ne ottenne la divisione dei servizi dando nel Maggio 1889 a questa Città, il Corpo dei Pompieri dai Cantonieri completamente diviso.
A Lui, che levando forte la voce in questa civica Rappresentanza, ed in seno a congressi di altre Città d'Italia per vedere assicurato l'avvenire dei suoi pompieri, e che nel Marzo 1903 ottenne da questa Giunta Prov. Amm. che ne approvasse il Regolamento a tale scopo creato.
L'intero Corpo dei Pompieri grato e superbo di averlo a Capo ad imperituro ricordo OFFRE. Palermo, aprile 1903."
.
Rodolfo Moreno, che morì nel 1906, tenne fino a quella data il comando del Corpo dei pompieri di Palermo, un corpo di cui, a merito, si considerava il padre fondatore.
Nel corso della partecipatissima cerimonia delle esequie del Comandante, si tennero vari discorsi commemorativi della brillante figura dello stesso, e tra questi è significativo riportare le parole pronunciate dal Cav. Uff. Avv. Marcello Caputo, Assessore di Polizia Municipale della città di Palermo: "Quando Rodolfo Moreno fu preposto, 25 anni fa, al Comando del nostro Corpo di Pompieri, esso mancava di arredi, di ordinamento, di disciplina.
Ed Egli, con singolare tenacia, con rara abilità, con inalterabile fede, seppe dare al Corpo un'organizzazione tale da metterlo al livello dei migliori Corpi di Pompieri d'Italia, corredandolo via, via di quanto di più importante veniva apprestando la pompieristica.
Molto Egli fece e moltissimo ancora Egli aveva in animo di fare.
Alti ideali accarezzava ed al compimento di essi impiegò la parte migliore della sua attività; ma la sua tomba si chiuse prima che essi potessero compiersi.
Riposa in pace, venerando vegliardo; i tuoi ideali si compiranno ben presto! E' questa promessa il più bel fiore che oggi la tua diletta Palermo depone sul Tuo feretro in segno di gratitudine e di plauso all'opera Tua prestata con amore e sapere."
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Nel 1835 il colonnello Sanfermo istituì una Scuola Teorica per pompieri, che disponevano anche di un certo numero di fucili per servizi di sentinella, e nel 1864, sotto il Podestà Bembo, venne emanato un nuovo regolamento, venne istituito un nuovo organico di pompieri e venne introdotto anche il telegrafo per la segnalazione degli incendi.
Pene severe furono sancite, fino all'impiccagione, per coloro che avessero rubato cose destinate all’azione antincendio.
Nel 1894 il Corpo dei Pompieri venne accorpato con quello delle Guardie Municipali; ne derivarono alcune disfunzioni per cui nel 1897 i due Corpi ritornarono separati.
Il Corpo dei Pompieri di Venezia si meritò riconoscimenti particolari durante l'assedio delle truppe austriache (1848-1849) con i relativi bombardamenti che svilupparono 187 incendi.

L'1 gennaio 1838, mediante Decreto del Governatore, viene costituito il Corpo dei Pionieri per il servizio antincendio, che subentrò alla struttura comunale ed ebbe vita per circa 20 anni.
Nel 1859, infatti, si ebbe un cambio del Governo della città e fu ricostituito il Corpo dei Pompieri, affidandone la disciplina ad un Sergente e la direzione tecnica ad un Ingegnere Comunale.
Il regolamento fu approvato nel 1860 unitamente a quello delle Guardie Municipali ed è stato poi modificato con lo Statuto organico, deliberato nel 1880 da Consiglio Comunale.

Nel 1838 il Gonfaloniere della città di Forlì provvide ad un deposito di attrezzi occorrenti per gli incendi, e con ordinanza del 26 aprile pose l'obbligo ai cittadini di denunciare istantaneamente il fuoco scoperto non solo secondo l'antica costumanza alla propria Parrocchia, ma anche al campanaro della Pubblica Torre e al Signor Ingegnere Santarelli e all'economo Belli.
Nel 1851, con modificazione del 3 settembre del Legato Pontificio della città e provincia, si passò all'organizzazione di un Corpo vero e proprio di pompieri.
La scelta cadde su giovani ed esperti operai tratti specialmente dai mestieri di muratore e falegname, perché sotto la direzione di un ingegnere e di abili assistenti accorrer debbano al primo segno della Campana dovunque se ne manifestassero.
L'istituzione ufficiale avvenne nel 1854, e l'attrezzatura fu potenziata.
Si acquistarono a Bologna due carri speciali per il trasporto degli attrezzi (roncole, forcali, secchielli di tela, ecc.) e due moderne pompe a mano aspiranti-prementi.
L'attrezzatura fu ammodernata ancora nel 1891 e nel 1905 fu messa mano a modifiche del Regolamento per precisare alcune modalità di assunzione del personale e di modalità amministrative.
Il Corpo dei pompieri era costituito da volontari scelti secondo le professioni già indicate, che al segnale di allarme lasciavano la loro occupazione per recarsi alla sede del Corpo.
Il sistema organizzativo del Corpo dei Pompieri di Forlì, al pari degli analoghi sistemi applicati nelle altre città italiane, comportava una risposta operativa lunga tra l'insorgere dell'incendio e l'arrivo dei pompieri e spesso l'incendio assumeva grandi dimensioni.
Il sistema organizzativo, condizionato dal tempo necessario per attivare l'azione estinguente e dalla limitata efficacia delle risorse idriche, risentiva, come negli altri casi, del ritardo dello sviluppo tecnico.

Si può parlare di un effettivo Corpo dei Pompieri di Livorno a partire dal nono Regolamento del 1861: Formazione ed Oggetto del Corpo delle Guardie Municipali e Pompieri.
Il Regolamento prevedeva l'accasermamento del personale, dei mezzi e delle macchine antincendio e l'aggregazione di artigiani soltanto al verificarsi degli incendi.

Nel registro delle memorie della città dell'anno 1838, Seg. I, cart. 103, carta 26 del 9 settembre, è indicata la mercede che il Colonnello dell'Artiglieria in Sardegna avrebbe pagato per il servizio di guardia al fuoco prestato nel teatro.
Nel 1873 il Prefetto emanò il primo Regolamento della Compagnia Guardie-Fuoco, che precisava i compiti, i requisiti del personale e l'esercizio della professione di muratore, falegname, fabbro-ferraio, macchinista, calafataro, fonditore, tappezziere, marinaio e simili.
Venne anche stabilito che le campane dovevano dare l'avviso dell'incendio e che il personale della Compagnia, prelevati gli attrezzi e le pompe, doveva recarsi sul luogo dell'incendio.

Bibliografia

  • I. Tiezzi, Venti secoli di testimonianze antincendio, Bologna 1999.
  • Vigili del Fuoco, storia, interventi, mezzi, 2008.
  • L. Abate, a cura di, Roma città del fuoco, Roma 2002.
  • Federazione Tecnica Italiana dei Corpi di Pompieri – Bollettino Ufficiale, Marzo 1906, Anno II – Num. 3, Milano.
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